La colpevolezza, quale requisito del reato, è una categoria dottrinale, non trovando espresso riscontro nel codice penale italiano. Essa, quindi, va intesa nel senso tecnico di insieme dei requisiti per l’imputazione soggettiva del fatto all’agente (non nel senso di insieme dei requisiti oggettivi e soggettivi per l’applicazione della pena).

Circa la definizione della colpevolezza, questa è sempre stata sostanzialmente concepita come colpevolezza per il fatto singolo, avendo essa come oggetto lo specifico fatto criminoso e non la personalità dell’autore.

 Nello sforzo di raccogliere sotto una superiore nozione unitaria sia il dolo che la colpa, la colpevolezza per il singolo fatto si è andata sviluppando attraverso due fondamentali concezioni:

  • la concezione psicologica, per la quale la colpevolezza consiste e si esaurisce nel nesso psichico tra l’agente e il fatto, nella volontà (dolo) o nella prevedibilità (colpa) dello stesso. Tale nesso psichico, tuttavia, essendo attratto, fisso e quindi uguale in tutti i casi, non è graduabile in funzione della responsabilità: pur essendo necessario per stabilirne l’an, è estraneo alla valutazione del quantum di essa.

Merito di tale teoria, comunque, è l’aver posto in luce l’imprescindibile base naturalistico-psicologica della colpevolezza e, quindi, della responsabilità penale, la quale postula innanzitutto un atteggiamento della volontà, senza il quale si hanno solo ciechi movimenti corporei.

  • la concezione normativa, per la quale la colpevolezza è il giudizio di rimproverabilità per l’atteggiamento antidoveroso della volontà che era possibile non assumere. Essa quindi, è un concetto normativo, che esprime il contrasto tra la volontà del soggetto e la norma.

Meriti di tale teoria sono l’(1) aver costruito un concetto unitario di colpevolezza e, soprattutto, l’(2) averne consentito la graduazione secondo criteri di valore, essendo la volontà diversamente rimproverabile in ragione della sua maggiore o minore antidoverosità. Essa, infatti, individua l’oggetto del giudizio di rimproverabilità, oltre che nella capacità di intendere e di volere e nel nesso psichico, doloso e colposo, tra agente e fatto, anche nell’innovatore elemento delle circostanze concomitanti, influenti sul processo di motivazione dell’agente.

 Accolta nell’attuale dottrina dominante, la concezione normativa della colpevolezza non segna eguale unanimità di vedute circa gli elementi costitutivi e lo stesso rapporto di personalità dell’autore. Nelle sue potenzialità dilatorie, inoltre, non ha mancato di sviluppo disgregatori dei fondamenti stessi del diritto penale (es. dilazione delle circostanze concomitanti).

Le punte più avanzate del processo di subiettivizzazione della responsabilità penale, in particolare, sono segnate dalla responsabilità personalizzata, propria dei totalitarismi.

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