Le cause giustificatrici più ricorrenti rispetto ai reati contro l’onore sono talune ipotesi di:

  • adempimento di un dovere, tra i quali vanno particolarmente indicati:
    • l’obbligo di denuncia di reato, previsto per i pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti una professione sanitaria e, in taluni casi, per tutti i cittadini;
    • l’obbligo di esposizione dei fatti, previsto per i testimoni, i periti, gli interpreti, ecc. nel processo civile e penale;
    • l’obbligo di motivazione dei provvedimenti adottati, previsto per i pubblici ufficiali, compresi i magistrati;
    • l’obbligo dell’esercizio:
      • dell’azione penale e dell’accusa da parte del pubblico ministero;
      • della pronuncia della sentenza di condotta in udienza da parte del giudice;
  • l’obbligo di certificazione in materia penale;
  • l’obbligo di rendere note agli interessati le irregolarità inerenti il campo societario o finanziario.
  • esercizio di un diritto, tra i quali vanno indicati:
    • la facoltà di censura, concretantesi in addebiti e rimproveri che il titolare di un potere disciplinare attribuisce e rivolge al subordinato (es. lavoro, scuola);
    • la facoltà di fornire notizie da parte delle agenzie di collocamento, delle agenzie di affari, delle agenzie di raccolta di informazioni e di investigazione privata;

Particolare menzione merito il diritto di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), entro i limiti cui anch’esso sottostà per il necessario contemperamento con altri interessi, pure meritevoli di tutela, compreso quello dell’onore. Relativamente a tale diritto, occorre precisare:

  • che esso abbraccia tutte le forme di manifestazione del pensiero, compresa la cronaca e la critica, che sono quelle attraverso le quali può attuarsi l’offesa dell’onore;
  • che nel nostro sistema, la libertà di stampa e dei mezzi pubblici di diffusione non rappresenta una libertà autonoma, ma soltanto l’aspetto strumentale della sottostante libertà sostanziale di manifestazione del pensiero;
  • che la storia democratica italiana dei rapporti tra libertà di manifestazione del pensiero e diritto all’onore è passata attraverso una prima fase, incentrata sul momento garantista della libertà e sul suo potenziamento, e una seconda, da incentrare, al contrario, sul momento repressivo del degenerativo abuso.

Per dottrina e giurisprudenza, a prescindere dalle divergenze di impostazioni, il contemperamento tra libertà di manifestazione del pensiero e diritto all’onore è stato operato attraverso la sottoposizione della prima al quadruplice limite:

  • dell’interesse pubblico-sociale dei fatti narrati o criticati, poiché la libertà di manifestazione del pensiero, prevalente sull’onore rispetto alle materie di tale interesse (es. atti del governo), è soccombente rispetto alle materie prive di tale interesse (es. vita privata);
  • della verità oggettiva dei fatti narrati o criticati, poiché la libertà di manifestazione, prevalente rispetto alle notizie vere di interesse pubblico-sociale, è soccombente rispetto a quelle, lesive dell’onore, anche solo parzialmente non veritiere;
  • della correttezza linguistica, poiché la libertà di manifestazione, prevalente rispetto alle notizie vere, di interesse pubblico sociale ed espresse in modo formalmente corretto, è soccombente quando le notizie, per quanto vere e di interesse pubblico-sociale, sono riferite mediante l’uso di termini di per sé offensivi;
  • della continenza delle modalità espressive, ossia della loro proporzionalità rispetto all’entità dei fatti (rapporto di proporzione):
    • nella critica, tra il fatto che sta alla base del giudizio critico e il tenore della critica;
    • nella cronaca, tra i fatti, i modi ed il contenuto emotivo dell’esposizione.
Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento