Sotto il Capo II dei delitti contro l’onore, il codice prevede queste due figure criminose:
- circa il criterio distintivo, il codice individua, rispettivamente, nella percezione diretta e nella non percezione (almeno diretta) dell’offesa da parte della vittima:
- nell’ingiuria l’offesa deve essere arrecata in presenza dell’offeso o a lui direttamente comunicata (es. telefonicamente);
- nella diffamazione l’offesa deve essere arrecata in assenza dell’offeso, comunicando con più persone.
La ratio dell’attuale distinzione e della sancita maggiore gravità della diffamazione rispetto all’ingiuria, sembra consistere nel fatto che l’offesa all’onore quale valore obiettivo della persona (identità di oggetto giuridico) è meno grave se pronunciata in presenza del solo offeso e più grave se pronunciata in presenza di più persone;
- ingiuria e diffamazione, oltre all’identità di oggetto giuridico, presentano anche i seguenti caratteri comuni:
- l’essere entrambi delitti di manifestazione di pensiero (esternazione) recettiva (percezione);
- l’essere entrambi delitti di danno, perché, concepito l’onore in senso personalistico, ogni giudizio di indegnità è lesivo dell’onore;
- l’essere soggetto passivo ciascuna persona fisica in quanto tale, per la diffamazione, anche la persona giuridica e l’ente collettivo di fatto;
- la determinatezza del soggetto passivo, dovendo l’offesa avere come destinatari soggetti con certezza individuati o facilmente individuabili (es. offesa in forma collettivo non costituisce delitto). L’offesa, in particolare, può essere:
- individuale, ossia rivolta ad una determinata o a determinate persone;
- collettiva, ossia rivolta ad una generalità di soggetti, la quale, tuttavia, presenta diversi livelli di generalità, da cui l’esigenza di distinguere le offese apparentemente collettive (es. contro gli ebrei), punibili, dalle offese realmente collettive, non punibili;
- la perseguibilità a querela di parte, sia nella forma semplice che in quella aggravata.