La funzione che assegna alle norme diritto internazionale privato il compito di delimitare l’ordinamento precisandone i limiti di applicazione, viene comunemente detta “unilaterale”.

L’opportunità di avvalersi di questo metodo venne segnalata già nel secolo scorso da alcuni scrittori tedeschi: costoro criticavano il metodo consacrato da Savigny delle norme complete perché queste, delimitando indirettamente il campo di applicazione delle leggi straniere, potevano ledere la sovranità di uno Stato straniero.

Così come uno Stato, essi dicevano, non può fissare i confini degli altri Stati, neppure può disporre quale legge straniera abbia potere su di una persona o un soggetto giuridico una volta che ha rinunciato all’applicazione delle proprie leggi.

Ad avviso degli unilateralisti il legislatore nazionale doveva preoccuparsi soltanto di definire la sfera di applicazione delle proprie norme: nei casi che non vi rientravano (e sui quali il giudice nazionale si trovava a dover decidere), si doveva ricercare la legge che pretendeva legittimamente di essere applicata.

La teoria unilateralistica ha influenzato la legge introduttiva al codice civile tedesco (BGB → pronuncia “BeGheBè”) pubblicato nel 1896 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1900 che conteneva alcune norme unilaterali, cancellate poi dalla recente riforma del diritto internazionale privato tedesco (1986/1999). Nessuna delle altre codificazioni recenti ha fatto ricorso a questo metodo, anche se talune disposizioni di questo tipo ancora esistono nella legislazione di molti paesi e pure nel nostro.

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