Per quanto riguarda la funzione di produzione normativa (1), occorre distinguere tra:
- diritto internazionale generale, costituito dalle norme che si indirizzano a tutti gli Stati (art. 10 Cost.). Tali norma generali sono le norme consuetudinarie (grado I), formatesi nell’ambito della comunità internazionale attraverso l’uso. La caratteristica della consuetudine, peraltro, è che essa ha dato luogo ad uno scarso numero di norme: non sono molte, infatti, le norme materiali, ossia le norme che impongono direttamente diritti ed obblighi agli Stati (es. pacta sunt servanda);
- diritto internazionale particolare, costituito da accordi internazionali (grado II), patti, convenzioni o trattati che vincolano solo gli Stati contraenti. Al contrario di quelle consuetudinarie, questo complesso di norme è assai numeroso e costituisce la parte più rilevante del diritto internazionale. L’accordo internazionale, tuttavia, è subordinato alla consuetudine come nel diritto statale il contratto è subordinato alla legge;
- procedimenti previsti da accordi (grado III), che traggono la loro forza dagli accordi internazionali che li prevedono e che vincolano soltanto gli Stati aderenti agli accordi medesimi.
Il fenomeno delle fonti previste da accordi riveste particolare importanza nel diritto internazionale odierno perché in esso si possono collocare molti degli atti delle organizzazioni internazionali, ossia delle varie unioni fra Stati che si sono andate moltiplicando a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Per ora occorre soltanto sottolineare che le decisioni vincolanti degli organi internazionali si trovano nella gerarchia delle fonti al di sotto degli accordi, in quanto proprio da un accordo (trattato istitutivo) ciascuna organizzazione prende vita.
 Per quanto attiene alla funzione di accertamento giudiziario (2) del diritto internazionale, occorre sottolineare che essa, nell’ambito della comunità internazionale, è in prevalenza una funzione di carattere arbitrale. L’arbitrato, infatti, poggia sull’accordo tra le parti, accordo diretto a sottoporre la controversia ad un determinato giudice. Vi sono anche istanze giurisdizionali istituzionalizzate, ossia tribunali permanenti istituiti da singoli trattati. Anche in questi casi, tuttavia, il fondamento della competenza del giudice resta pattizio, nel senso che solo gli Stati che hanno accettato espressamente detta competenza possono essere convenuti in giudizio.
Con riferimento alla funzione di attuazione coattiva (3), infine, occorre sottolineare che i mezzi adoperati per assicurare l’osservanza delle norme e per reprimere le violazioni sono quasi tutti riportabili alla categoria dell’autotutela: quella che rappresenta un’eccezione in diritto interno, quindi, diventa la regola nel diritto internazionale.
 Discutendo sull’essenza del diritto internazionale, si pone l’accento sulla mancanza di mezzi idonei a costringere i singoli Stati al rispetto delle norme internazionali. Nessuno nega che delle norme si formino al di sopra dello Stato. Quello che si nega, al contrario, è che si tratti di un vero e proprio fenomeno giuridico, capace di imporsi in modo continuo ed efficace al singolo Stato.
Una soluzione del problema dell’obbligatorietà , quindi, non può che passare attraverso gli operatori giuridici interni, ossia coloro che nell’ambito delle singole comunità statali hanno il compito di applicare e far rispettare il diritto. Gli ordinamenti statali, in generale, prevedono che il diritto internazionale sia osservato al pari del diritto interno (es. art. 10 Cost.). Tale osservanza, quindi, riposa sulla volontà degli operatori giuridici interni di utilizzare gli strumenti che lo stesso diritto statale offre a garanzia di tale osservanza