Il carattere automatico del riconoscimento non significa tuttavia che questa funzione debba operare indipendentemente da ogni controllo giudiziario: il controllo ha natura successiva e viene esercitato dal giudice (anche quello competente per un’altra azione avanti al quale la questione incidentalmente sorge).
L’art. 64 fissa le condizioni in presenza delle quali il riconoscimento è ammesso (condizioni che corrispondono in larga misura a quelle del previgente art. 797 c.p.c).
Una condizione preliminare, implicita nell’art. 64 è che l’atto giurisdizionale straniero sia qualificabile come sentenza (naturalmente civile) in base alla legge italiana, alla quale occorre riferirsi per l’identificazione dei caratteri essenziali, essendo irrilevante la forma del provvedimento straniero e la sua qualificazione nell’ordinamento straniero.
Sussistono i caratteri essenziali della sentenza nelle decisioni in cui organi dotati di potestà giurisdizionale, non limitandosi a prendere atto di quanto stabilito dalle parti, ma esprimendo imperativamente la volontà della legge, incidono su situazioni contrapposte di diritto soggettivo con un provvedimento idoneo ad acquistare autorità di giudicato.
La competenza internazionale può essere data pure dall’accettazione (anche tacita) della giurisdizione straniera: V. Cass. 14.L2003, n. 365.
II giudice italiano dovrà verificare l’esistenza, nel procedimento straniero, di alcune fondamentali garanzie. L’atto introduttivo del giudizio dev’essere “portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo”. Per la validità delle notificazioni occorre invece, come insegna ancora la Cassazione (24.10.1968, n. 3449), far riferimento alle attestazioni contenute nella sentenza straniera (sempreché, naturalmente non siano contraddette in modo specifico dalla parte). Ciò esige, in primo luogo, che al convenuto sia stato assegnato, come disponeva l’art. 797, n. 2, c.p.c, un congruo termine a comparire, senza violare i diritti essenziali della difesa.
Conseguenza della regolarità della notificazione dell’atto di citazione (o dell’atto introduttivo del giudizio comunque venga chiamato) è che le parti si siano costituite in giudizio ”secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo”, oppure che sia stata dichiarata la contumacia “in conformità a tale legge”.
La sentenza straniera dev’essere passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunciata.
La sentenza straniera non deve riguardare una lite che il giudice italiano ha già deciso in modo definitivo, cioè con una sentenza passata in giudicato.
Non pende un processo davanti ad un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti che abbia avuto inizio prima del processo straniero.
L’ultimo requisito è che le disposizioni della sentenza straniera non producano effetti contrari all’ordine pubblico. Se è chiaro lo scopo della norma – il nostro ordinamento si riserva il diritto di negare l’ingresso a certe sentenze straniere – meno facile è determinarne la portata precisa, sia per l’oggettiva ambiguità di espressioni come “disposizioni” e “ordine pubblico”, sia perché la materia mal sopporta determinazioni a priori fondate sulla lettera della legge.
Altre forme di riconoscimento
La nuova legge di diritto internazionale privato ha previsto altre specifiche disposizioni sul riconoscimento delle sentenze straniere:
Art. 65 (Riconoscimento di provvedimenti stranieri).
1. Hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all’esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando essi sono stati pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell’ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purché non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa.
È da segnalare, ora, la tendenza a negare il riconoscimento, per contrarietà all’ordine pubblico, alle sentenze straniere di condanna ai punitive damages («danni punitivi», ossia che non intendono riparare un pregiudizio ma punire una condotta riprovevole del danneggiante).
L’art. 65 apre la porta ad un vero e proprio riconoscimento della sentenza straniera come giudicato).
Prima di passare all’esame delle conseguenze di questo nuovo approccio sono da mettere in luce due elementi.
a) II riconoscimento della sentenza straniera come giudicato avviene a condizioni sensibilmente facilitate rispetto a quelle dell’art. 64.
b) A differenza del sistema previgente, in cui tutto si riconduceva al riconoscimento di uno status di soggetti stranieri, il dispositivo creato dall’art. 65 può incidere anche sulla situazione dei
cittadini italiani dal momento che la competenza in materia di rapporti di famiglia, status delle persone, divorzio etc. ha cessato di appartenere esclusivamente alla legge nazionale.
Relazione tra l’art. 64 e l’art. 65
Quale è il rapporto tra l’art. 65 e l’art. 64? Secondo taluni l’art. 65 ha un carattere di specialità che comporta una deroga all’art. 64: in materia di capacità delle persone e di rapporti di famiglia sarebbero riconoscibili soltanto le sentenze (la norma parla comunque di “provvedimenti”) emanate o riconosciute nello Stato le cui leggi sono competenti nel caso. La deroga comporterebbe ancora che non saranno richieste le altre condizioni dell’art. 64.
Secondo altri le due norme sono concorrenti (cioè si può ottenere il riconoscimento di una sentenza straniera come giudicato sia nel rispetto delle condizioni facilitate dell’art. 65 sia nel rispetto di quelle più severe dell’art. 64).
La storia della codificazione induce ad optare per la seconda posizione, condivisa dalla maggior parte della dottrina e fatta propria anche della giurisprudenza. Ciò non crea problemi per i casi in cui il riconoscimento della sentenza straniera avviene nel quadro dell’applicazione della legge competente, secondo il nostro diritto internazionale privato, a regolare una situazione (per es. lo stato libero di uno straniero divorziato in un paese che non è quello della sua cittadinanza, ma le cui leggi sono competenti, secondo la legge della cittadinanza, a regolare lo scioglimento del matrimonio).
Neppure sorgono problemi se la sentenza straniera viene fatta valere come un semplice fatto, sia pure rilevante in sede penale: ad es. per integrare una fattispecie di reato previsto dalla legge italiana.
I problemi potrebbero tuttavia sorgere nei casi in cui si chiede il riconoscimento della sentenza in sede giudiziaria. Basteranno, in questo caso, le condizioni più semplici dell’art. 65 oppure occorrerà rispettare i requisiti dell’art. 64?
Riteniamo che l’intento dichiarato del legislatore di stabilire ”condizioni semplificate di riconoscimento” porti ad escludere la tassativa presenza, nella decisione da riconoscere, delle condizioni di cui all’ art 64.
Pertanto non sarà necessario che la decisione sia passata in giudicato bastando che sia provvisoriamente esecutiva nello Stato di origine.
Quindi il riconoscimento della sentenza straniera in materia matrimoniale può essere accordato sia sulla base dei requisiti dell’art. 64 sia di quelli, “facilitati”, dell’art. 65.
Art. 65 e regolamento CE 2201/2003
La materia contemplata dall’art. 65 (”capacità delle persone, esistenza di rapporti di famiglia”) coincide in larga misura con quella del reg.to CE 2201/2003 (e prima 1347/2000) che all’art. 14 dispone: “Le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento” (il regolamento verrà esaminato ex professo più avanti: v. p. 159 ss. e, per la parte relativa al riconoscimento, a p. 105 ss.).
Provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione
Per quanto attiene alle sentenze arbitrali straniere (rese sempre più numerose dall’intensificarsi dei rapporti commerciali tra operatori di nazionalità differenti), in attuazione della Convenzione di New York del 1958 sulle sentenze arbitrali, la L. 25/1994 ha riformato alcuni articoli del codice di procedura civile. E’ previsto che i lodi stranieri possano essere dichiarati esecutivi con un procedimento emesso inaudita altera parte e previa verifica, da parte del Tribunale, delle condizioni richieste dall’art. 839 cpc.
La controparte che voglia far valere, in contraddittorio, l’esistenza di una delle circostanze elencate espressamente dall’art. 840 cpc e che impediscono il riconoscimento o l’esecuzione del lodo straniero, ha l’onere di proporre opposizione nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notificazione del decreto di accoglimento, innanzi alla competente Corte d’Appello. L’opposizione può essere proposta anche dalla parte che si vede respinte la richiesta di concessione dell’efficacia del lodo straniero.
A tal proposito la Suprema Corte ha ritenuto, con sentenza 8163 del 2000, inammissibile la proponibilità dell’azione di accertamento negativo circa la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento nel nostro ordinamento del lodo straniero sulla base della considerazione che il nostro ordinamento prevede uno specifico e tipico strumento di tutela ancorato a condizioni e presupposti peculiari il cui utilizzo non può escludere alla controparte l’utilizzo degli specifici strumenti previsti dagli artt. 839 e 840 c.p.c..