In ordine alla capacità di agire, cioè all’attitudine del soggetto a manifestare personalmente e validamente la propria volontà disponendo del proprio patrimonio giuridico, la nuova legge dispone (art. 23, 1° comma):

La capacità di agire delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale. Tuttavia, quando la legge regolatrice di un atto prescrive condizioni speciali di capacità di agire, queste sono regolate dalla stessa legge.

In base alla legge nazionale della persona si determinano: l’età alla quale si consegue la capacità di agire, le cause che possono determinarne l’abbassamento (emancipazione), gli effetti (nullità radicale, inefficacia meno piena, legittimazione ad impugnare l’atto) che il difetto di capacità provoca, le autorizzazioni e gli altri interventi necessari affinché certi soggetti non pienamente capaci possano compiere determinati atti.

a) Talvolta per le limitazioni della capacità di agire occorre una valutazione approfondita che tenga conto del fatto che genera l’incapacità, onde distinguere tra ciò che appartiene allo statuto personale e ciò che è di pertinenza di un’altra legge (cioè quella che regola la capacità speciale). Ad esempio: se un inglese viene dichiarato fallito in Italia, gli si applicano le limitazioni al potere di disporre dei suoi beni siti in Italia previste dalla legge fallimentare italiana (art. 42 ss.); si deve però giudicare in base alla legge inglese se egli ha perso – e in quali limiti – la capacità generale di agire.

L’interdizione, l’inabilitazione e consimili atti giudiziali di accertamento di una situazione d’incapacità generale ed intrinseca alla persona possono essere pronunziati se lo richiede la legge nazionale della persona Se il giudizio si svolge in Italia, la procedura sarà quella stabilita dalle norme italiane (art. 721 e segg. c.p.c). Anche se l’interdicendo (o inabilitando) ha cittadinanza straniera, le norme processuali italiane si applicano per effetto dell’art. 9 legge riforma: generalmente perché il soggetto risiede in Italia.

I provvedimenti stranieri in materia sono riconosciuti ex art. 66 legge di riforma: quindi senza alcun procedimento se provengono dallo Stato della cittadinanza dell’interdetto, mentre se sono stati emanati in un terzo Stato, occorrerà vedere se la legge nazionale del soggetto li riconosce.

b) L’incapacità di agire può essere l’effetto di una condanna penale. Questa può essere pronunciata tanto da un giudice italiano quanto da un giudice straniero.

Le incapacità pronunciate da un giudice straniero come pene accessorie possono avere effetto automatico oppure essere subordinate al riconoscimento della sentenza penale straniera previsto dall’art. 12 c.p. Hanno effetto automatico le incapacità dipendenti da condanna riportata da un soggetto – cittadino italiano o straniero – quando sono pronunciate dal giudice del paese la cui legge regola il rapporto.

c) L’emancipazione, cioè l’anticipato conseguimento della maggiore età, è prevista nelle legislazioni degli Stati moderni come effetto: di un atto volontario dei genitori (benché sottoposto poi al controllo dell’autorità giudiziaria); di un atto della pubblica autorità e del matrimonio.

d) Quando la legge regolatrice di un atto prescrive condizioni speciali di capacità di agire, queste sono regolate dalla stessa legge.

e) La competenza esclusiva della legge nazionale potrebbe nuocere alla correttezza dei rapporti. Per evitare sorprese, ciascuno dovrebbe informarsi – cosa non facile – sulla cittadinanza delle persone con le quali entra in rapporti di affari e sul modo di disporre della loro legge nazionale. Omettendo di farlo, potrebbe infatti vedersi opporre l’invalidità di un atto concluso in perfetta buona fede anche dall’altro contraente.

Si comprende, quindi, come la pratica abbia cercato di ovviare a questo inconveniente. La più nota manifestazione di questa tendenza è stato in Francia Varrét (sentenza) Lizardi.

Lizardi, cittadino messicano di 23 anni, aveva comperato dei gioielli del valore di 80.000 franchi, pagando con degli assegni che poi lasciò insoluti. Convenuto in giudizio per il pagamento, eccepì di essere incapace di agire secondo la sua legge nazionale che fissava la maggiore età al compimento dei 25 anni. La Corte di Cassazione francese (1861) gli diede torto osservando che “il cittadino francese non può essere tenuto a conoscere le leggi delle diverse nazioni concernenti la maggiore età” e che era sufficiente che egli avesse contrattato “senza leggerezza, senza imprudenza e in buona fede”.

Tenendo conto di questa esigenza, la codificazione italiana del 1939/ 1942 ha introdotto la norma dell’art. 17, 2° comma secondo la quale lo straniero era considerato capace, nonostante la sua legge nazionale disponesse diversamente, se per l’atto da lui compiuto in Italia la legge italiana considerava capace il cittadino italiano. Ora l’art. 23 della legge sul diritto internazionale privato dispone:

1. In relazione a contratti tra persone che si trovano nello stesso Stato, la persona considerata capace dalla legge dello Stato in cui il contratto è concluso può invocare l’incapacità derivante dalla propria legge nazionale solo se l’altra parte contraente, al momento della conclusione del contratto, era a conoscenza di tale incapacità o l’ha ignorata per sua colpa.

2. In relazione agli atti unilaterali, la persona considerata capace dalla legge dello Stato in cui l’atto è compiuto può invocare l’incapacità derivante dalla propria legge nazionale soltanto se ciò non rechi pregiudizio a soggetti che senza loro colpa hanno fatto affidamento sulla capacità dell’autore dell’atto.

La protezione della legge nazionale dell’incapace permane invece piena (determinando la nullità dell’atto) se il contratto è stato concluso a distanza e permane ugualmente quando esso riguarda rapporti di famiglia, successioni per causa di morte o diritti reali su immobili situati in uno Stato diverso da quello in cui il contratto è concluso.

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