Abbiamo visto come il legislatore italiano sia tenuto, se vuole legiferare in materia riconducibile ai rapporti con la Chiesa, a rispettare la regola della bilateralità; si tratta ora di capire se, successivamente, il legislatore possa intervenire in via unilaterale sulle leggi emanate nel rispetto della regola di bilateralità. La risposta tradizionale è che siffatte leggi, una volta immesse nel sistema, non potrebbero essere più cancellate in via unilaterale. In effetti l’art. 7 c. 2° e l’art. 8 c. 3° Cost. non si limiterebbero ad imporre al legislatore l’obbligo della bilateralità, bensì conterrebbero pure una copertura costituzionale. Di modo che tali norme godrebbero di una peculiare forza passiva o resistenza alla deroga od alla abrogazione.

Una prima strada è quella che trae spunto dall’art. 10 c. 1° Cost. Com’è noto, questa norma prevede un meccanismo di adattamento automatico dell’ordinamento interno “alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”, che per lo più sono consuetudinarie e non scritte.

Orbene, c’è una corrente di internazionalisti, nettamente minoritaria, secondo cui il meccanismo di adeguamento di cui all’art. 10 c. 1° Cost., si estenderebbero ai trattati, perché fra le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute vi è il principio consuetudinario “pacta sunt servanda”, in base al quale “ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere da esse eseguito in buona fede”.

Visto che i concordati sono parificabili ai trattati internazionali, anche per il concordato con la Chiesa cattolica del 1984 potrebbe valere la tesi dell’estensione del meccanismo di adeguamento automatico di cui all’art. 10 c. 1° Cost.

Ma giova ribadirlo, questa tesi dell’estensione del meccanismo di cui all’art. 10 c. 1° Cost. ai trattati è respinta dalla prevalente dottrina e dagli organi di giustizia, per la semplice ragione che “la formulazione testuale della disposizione costituzionale sembra diretta proprio ad escludere dal proprio ambito di applicazione la generalità dei trattati”.

Una seconda strada ritenuta possibile per giustificare la persistenza del principio di bilateralità con la Chiesa cattolica è quella secondo cui il metodo negoziale nei rapporti tra Stato e Chiesa, anche se non più enunciato espressamente dalla costituzione formale, comunque attiene “alla materia costituzionale”.

 

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