Il contratto collettivo di diritto comune, quand’è applicabile, opera nei confronti del contratto individuale con la stessa efficacia della legge. Esso però resta un atto di autonomia privata.

Dalla sua natura privatistica vengono così fatte discendere una serie di conseguenze:

a) il contratto collettivo deve essere interpretato secondo i criteri ermeneutica previsti per l’interpretazione dei contratti e non di quelli per l’interpretazione della legge. E’ allora compito primario dell’interprete ricostruire la comune volontà delle parti contraenti. Se il dato testuale rimane equivoco, l’interprete deve aiutarsi con la storia del contratto, desumendo la comune intenzione delle parti sia dai temi dibattuti nella trattativa, sia dal modo di redazione delle norme, sia dalla effettiva concreta attuazione, sia dal succedersi dei testi in rispondenza delle esigenze perseguite.

b) Non è ammissibile il ricorso in Cassazione per violazione o falsa applicazione del contratto collettivo. Alla Suprema Corte non si può chiedere di fornire l’esatta interpretazione del contratto collettivo, bensì di controllare il procedimento ermeneutica seguito dal giudice di merito.

c) Il contratto collettivo deve essere portato in giudizio dalla parte che lo invoca, non potendo trovare applicazione il principio secondo cui il giudice ha diretta conoscenza dei testi di legge. Il giudice però può svolgere una funzione di supplenza, e richiedere alle associazioni sindacali il testo del contratto, di categoria o aziendale, applicabile al rapporto controverso.

d) Le clausole del contratto collettivo non sono applicabili in via analogica, né al di fuori dell’ambito di efficacia del contratto stesso, per colmare eventuali lacune del testo contrattuale che regola il rapporto controverso; né all’interno di ciascun contratto per estenderne le clausole al di là dei casi previsti espressamente.

e) Secondo la giurisprudenza, il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. , in quanto inapplicabile ai rapporti tra privati, è inoperante nei confronti dell’autonomia collettiva. Quindi il contratto collettivo può in linea di massima disciplinare diversamente posizioni di lavoro uguali o analoghe, salvi naturalmente i limiti derivanti da divieti espressamente posti dal legislatore.

f) La giurisprudenza ha a lungo negato la possibilità di recedere unilateralmente dal contratto collettivo, giungendo solo di recente a mutare avviso. Ora la Cassazione prevede, per il contratto collettivo a tempo indeterminato, che la mancata applicazione del termine non implica che gli effetti del contratto perdurino nel tempo senza limiti, dovendosi pur sempre consentire il recesso anche in assenza di esplicita disposizione in tal senso.

g) Per quanto riguarda la forma del contratto collettivo, data l’assenza di qualsiasi disposizione in proposito, deve ritenersi vigente il principio generale della libertà della forma, come ribadito dalla Cassazione.

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