Il capitolo si concentra sul prodotto della contrattazione collettiva, cioè sul contratto collettivo, inteso come il contratto con cui i soggetti collettivi (organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori) predeterminano la disciplina dei rapporti individuali di lavoro (parte normativa) e regolano anche taluni tratti dei loro rapporti reciproci (parte obbligatoria).

Sono rinvenibili almeno quattro tipi di contratto collettivo: quello corporativo, quello cosiddetto di diritto comune, quello prefigurato dal legislatore costituente e quello recepito in decreto legislativo ai sensi della legge 741/1959. L’unico che continua ad essere prodotto è il contratto collettivo di diritto comune, a questo quindi va dedicata maggiore attenzione, anche se i suoi problemi giuridici si colgono in contrapposizione con il contratto corporativo. Il contratto corporativo è un contratto tipico, elevato a fonte del diritto in senso proprio, anche se subordinata a leggi e regolamenti. La soppressione dell’ordinamento corporativo e delle organizzazioni sindacali fasciste hanno coinvolto i contratti corporativi e la loro disciplina legale.

La giurisprudenza si assume il compito di ricostruire man mano le linee fondamentali della sua disciplina, in parte ricavandola da quella codicistica dei contratti in generale (ed è per questo che si parla di contratto collettivo di diritto comune) in parte recuperando tratti della disciplina codicistica del contratto corporativo. Il contratto collettivo di diritto comune finisce così per apparire un istituto di origine largamente giurisprudenziale.

Le problematiche del contratto collettivo di diritto comune si incentrano sulla efficacia della parte normativa nei confronti dei rapporti individuali di lavoro, e possono essere accorpate attorno a due temi di fondo: ambito e tipo dell’efficacia stessa.

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