Particolarmente controversa è la natura giuridica dei contributi previdenziali, anche in considerazione delle diverse tipologie di contributi e delle diverse forme di previdenza che caratterizzano il nostro ordinamento. Secondo la tesi più accreditata, essi possono essere configurati come tributi o imposte speciali stabiliti dalla legge a favore di enti pubblici o privati per la realizzazione di un interesse pubblico costituzionalmente protetto, quale è quello al quale risponde la tutela previdenziale. Quei contributi, infatti, perseguono la funzione di fornire agli enti previdenziali i mezzi necessari per soddisfare i compiti istituzionali loro assegnati dalla legge.

L’obbligo del pagamento dei contributi previdenziali sorge immediatamente al verificarsi delle condizioni previste dalla legge (solitamente, il divenire parte di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo) e si estingue quando quelle condizioni vengono meno. Nel rapporto di lavoro subordinato, l’obbligazione contributiva è, di regola, posta a carico del datore di lavoro, ed è rafforzata dalla previsione di sanzioni civili, e nei casi più gravi, anche penali. In alcune forme di previdenza, e normalmente nei regimi pensionistici, quella obbligazione è posta anche a carico del lavoratore, sia pure solitamente in misura minore.

In questi casi, responsabile dell’adempimento dell’obbligo contributivo, anche per la parte a carico del lavoratore, resta comunque il datore di lavoro. Nel rapporto di lavoro parasubordinato, invece, l’onere del versamento dei contributi previdenziali è posto in parte a carico del committente e in parte a carico del lavoratore, mentre esso ricade pressoché integralmente sui lavoratori autonomi e sui liberi professionisti. La legge determina l’ammontare dell’obbligo contributivo in misura proporzionale alla retribuzione imponibile e, per i lavoratori autonomi, al reddito professionale, prevedendo aliquote contributive diverse per le diverse attività lavorative ed i diversi rapporti di lavoro.

L’aliquota contributiva è ancora oggi più elevata per il lavoro subordinato rispetto al lavoro autonomo e parasubordinato; tuttavia, la tendenza è quella di ridurre progressivamente le differenze esistenti tra le diverse aliquote, e ciò sia per ragioni di equità, sia per disincentivare il ricorso ad una utilizzazione fraudolenta del lavoro autonomo e, soprattutto, parasubordinato. Per i lavoratori subordinati, l’individuazione della retribuzione da prendere come base per l’applicazione dell’aliquota contributiva è stabilita dalla legge equiparando le nozioni di reddito imponibile a fini fiscali e a fini contributivi.

Precisamente, la legge considera retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale quella che deriva da “rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri”, ed in particolare “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. A fronte di tale definizione sostanzialmente onnicomprensiva, sono espressamente escluse dall’obbligo contributivo alcune voci tassativamente elencate, quali:

le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto, in quanto, pure avendo natura retributiva, svolgono una funzione previdenziale; le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori; più in generale, tutte le somme che traggono origine dalla cessazione del rapporto, con l’esclusione dell’indennità sostitutiva del preavviso; i proventi e le indennità conseguite a titolo di risarcimento danni; i redditi da lavoro dipendenti derivanti dall’esercizio di piani di stock option. Infine, per controllare l’andamento della spesa pensionistica, sono previsti massimali e minimali contributivi.

In particolare, per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 1 gennaio 1996 è previsto un tetto massimo di retribuzione imponibile e pensionabile, annualmente rivalutabile. Inoltre, sempre ai fini del versamento dei contributi previdenziali, è stabilito un minimale di retribuzione da assumere come base per il calcolo di quei contributi.

 

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