Gli ordinamenti previdenziali, e in particolare quelli preposti alla erogazione delle pensioni, sono di norma fondati su due sistemi di gestione delle risorse tra loro profondamente diversi: il sistema detto a ripartizione e quello detto a capitalizzazione. Nel sistema della ripartizione, sono le contribuzioni correnti (e, cioè, quelle versate tempo per tempo dai, o per i, lavoratori attivi) a finanziare le spese pensionistiche correnti. Invece, il sistema della capitalizzazione è basato sull’esistenza di conti individuali per ciascun lavoratore, sui quali vengono accreditati i contributi versati e i rendimenti che essi producono; questi conti, poi, costituiranno l’esclusiva riserva per l’erogazione della pensione, una volta maturato il diritto.
In sostanza, il sistema di gestione finanziaria a ripartizione, a differenza di quello a capitalizzazione, non implica la costituzione di riserve di alcun tipo ed è per questo immune dagli effetti negativi dell’inflazione. Ovviamente, possono essere realizzati anche sistemi “misti”, prevedendo che il complessivo trattamento pensionistico sia costituito da due diverse componenti (come avviene negli ordinamenti fondati sui due “pilastri” della pensione pubblica e di quella complementare privata) finanziate, rispettivamente, con i due diversi sistemi ora descritti. In Italia, il regime pensionistico pubblico è finanziato mediante il sistema a ripartizione.
Il funzionamento del sistema a ripartizione è stato messo in crisi per il concomitante aggravarsi di tre fattori di diversa natura, tra loro strettamente correlati: il progressivo invecchiamento demografico, prodotto dall’innalzamento dell’età media di vita e da bassi tassi di natalità ; il rallentamento della crescita economica, con fasi cicliche e prolungate di stagnazione o recessione; la conseguente riduzione dell’occupazione, in parte anche da ricondursi alle trasformazioni dei processi produttivi, con lo sviluppo delle nuove tecnologie.
Inevitabilmente, la diminuzione della popolazione in età di lavoro e la difficoltà di incrementare i tassi di occupazione regolare hanno ridotto il gettito della contribuzione previdenziale, mentre l’aumento del numero dei pensionati e delle aspettative di vita hanno determinato una costante lievitazione dei costi generati dall’erogazione delle pensioni. Così, la combinazione di questi tre fattori di dimensioni epocali ha finito per alterare profondamente gli equilibri finanziari delle gestioni pensionistiche e, più in generale, dell’intero sistema previdenziale, costringendo lo Stato ad aumentare non solo la quota di contribuzione posta a carico delle categorie interessate, ma anche il proprio intervento finanziario diretto. Quest’ultimo, quindi, ha assunto nel corso degli anni un ruolo sempre più determinante nell’attuazione della tutela previdenziale, configurandosi, al tempo stesso, come strumento non solo di redistribuzione della ricchezza, ma anche, a volte, di politica economica.