Gli impiegati

L’art. 1, R.D. 13 novembre 1924, n. 1825, definisce l’impiegato come colui che, professionalmente presta la propria attività alle dipendenze di un imprenditore privato, con la funzione di collaborazione, tanto di concetto che di ordine, eccettuata ogni prestazione che sia semplicemente di mano d’opera. La prestazione di lavoro dell’impiegato si caratterizza, dunque, per:

la collaborazione all’impresa, che consiste in compiti di organizzazione, propulsione, direzione e vigilanza;

la professionalità, intesa come abitualità della prestazione.

Con riferimento al primo elemento, l’art. 1, R.D. 1825/1924, distingue la collaborazione di concetto da quella d’ordine, senza però definirle. Per la Cassazione, il criterio discretivo consiste non tanto nel carattere intellettivo della prestazione, quanto, piuttosto, nella parziale autonomia dell’impiegato di concetto rispetto ai superiori, autonomia da valutare non in ragione dell’incarico conferito, ma del lavoro effettivamente svolto.

Gli operai: L’art. 1, R.D. 1825/1924, fornisce una definizione in negativo dell’operaio, essendo tale, per questa disposizione, il lavoratore che non può essere inquadrato in nessuna delle altre categorie. Con riguardo alla distinzione tra impiegato ed operaio, la dottrina e la giurisprudenza prevalente ritengono, dopo molte incertezze, che sia determinante, non il carattere intellettuale o manuale del lavoro prestato, bensì il grado della collaborazione fornita dal lavoratore al datore. Così, mentre la prestazione dell’impiegato, anche d’ordine, si caratterizza per l’attività di “collaborazione all’impresa” – di cui si è detto al paragrafo precedente -, quella dell’operaio si caratterizza per la “collaborazione nell’impresa”, consistente in un generico apporto al processo produttivo, realizzato mediante la mera attuazione delle direttive ricevute.

Ma anche questa definizione è ormai superata (ad esempio: il fattorino è considerato impiegato). Negli anni ‘70, sotto la spinta della contrattazione collettiva, si è sentita la necessità di superare la classica separazione tra operai e impiegati con l’instaurazione di un nuovo sistema di classificazione: l’inquadramento unico.

 

L’inquadramento contrattuale

La distinzione tra impiegati ed operai è oggi parzialmente superata dall’introduzione, ad opera della contrattazione collettiva, di un nuovo sistema di inquadramento professionale: il c.d. sistema di inquadramento unico. Esso si fonda su una classificazione unica dei lavoratori, che vengono ordinati in una pluralità di livelli professionali (7 o 8), definiti in relazione alla valutazione della generica capacità professionale (c.d. professionalità) e non più, come avveniva in passato, per gruppi di qualifiche all’interno delle varie categorie.

L’appartenenza a tali categorie è determinata sulla base di:

declaratorie, cioè definizioni generali delle caratteristiche dell’attività prestata;

esemplificazioni, cioè di un’elencazione delle mansioni pertinenti ai diversi profili professionali.

Le novità introdotte dal nuovo sistema possono, così, sintetizzarsi:

come già detto, superamento parziale della distinzione tra impiegati ed operai;

riduzione del numero di livelli per gruppi omogenei in cui si raggruppano le mansioni ai fini retributivi;

promozione della professionalità dei lavoratori;

tendenziale unificazione del trattamento economico e normativo.

 

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