La disciplina paritaria dei congedi
La legge n.53/2000 ha riconosciuto al padre lavoratore il diritto di astenersi dal lavoro nei primi tre mesi dalla nascita del figlio nel caso di morte o grave infermità della madre, così come nei casi di abbandono da parte di quest’ultima o qualora egli ne abbia avuto affidamento esclusivo (c.d. congedo di paternità). In questo caso ha diritto all’80% della retribuzione, al periodo di assenza computata ai fini dell’anzianità di servizio e alla tutela contro il licenziamento fino al compimento del primo anno del bambino.
In secondo luogo è stato riconosciuto ad entrambi i genitori il diritto ad un’astensione facoltativa dal lavoro (c.d. congedi parentali) e tale diritto può essere goduto entro i primi otto anni di età del bimbo e consente nell’astensione per un periodo (continuativo o frazionato) fino a 6 mesi per la madre e 7 per il padre (10 se c’è un solo genitore) con un limite complessivo di 11 mesi, allorché il padre utilizzi almeno 3 mesi di congedo (sino ai 3 anni del bambino, il genitore ha diritto al 30% della retribuzione, ma solo per 6 mesi, dopo spetta in caso di redditi bassissimi a carico dell’assicurazione generale obbligatoria).
In tali casi il datore di lavoro può assumere ed utilizzare lavoratori con contratto a termine per sostituire gli assenti, avendo in tali frangenti diritto a corposi sgravi fiscali.
Altra materia disciplinata è quella delle assenze dei genitori per malattie del bambino: entrambi i genitori hanno il diritto di astenersi alternativamente dal lavoro durante le malattie del bambino d’età inferiore ad otto anni, dietro presentazione di un certificato medico (5 giorni ciascuno tra i 3 e gli 8 anni del bambino).
In entrambi i casi i genitori hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro nel corso di tutti i periodi di astensione previsti e alla tutela contro il licenziamento.
La legge dispone anche che il lavoratore ha diritto ad un permesso retribuito di tre giorni all’anno in caso di decesso o di grave infermità del coniuge, o un parente entro il secondo grado, o del convivente.
La legge inoltre permette di richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo non retribuito non superiore ai due anni. Tale periodo non fa maturare scatti di anzianità ai fini previdenziali (anche se possono essere riscattati) e non possono essere svolti altri lavori durante lo stesso, ma i lavoratori hanno diritto alla conservazione del posto.
Infine la lavoratrice, o lavoratore, convivente con figlio portatore di handicap grave, o, in caso di morte dei genitori, convivente con fratello o sorella portatore di handicap grave, ha diritto ad un periodo biennale di congedo durante il quale spetta un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione.
Parità tra i sessi e speciali occasioni di tutela delle donne
Il Decreto legislativo n.645 del 1996 ha dato attuazione alla direttiva comunitaria del 1992 n. 85 (92/85), irrobustendo la tutela della salute delle lavoratrici madri, con riferimento ai lavori che comportano il rischio di esposizione a particolari agenti fisici, chimici, biologici.
Il D.Lgs 66 del 2003, attuativo di una direttiva comunitaria, vieta l’adibizione delle donne al lavoro notturno (dalle 24 alle6 ) dal momento dell’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
Inoltre stabilisce la non obbligatorietà del lavoro notturno (e quindi la legittimità del rifiuto a farlo) per
la lavoratrice madre (o in alternativa per il padre convivente) di un bimbo con meno di tre anni o di dodici se unico genitore affidatario. Stesso discorso se il lavoratore o la lavoratrice hanno a proprio carico una persona disabile.