La disciplina codicistica sin qui descritta continua ad applicarsi alle dimissioni del lavoratore, il cui potere unilaterale di recedere dal rapporto di lavoro non conosce altri limiti che il preavviso. Il potere di recesso del datore (licenziamento) invece è stato oggetto di interventi legislativi limitativi che hanno introdotto un obbligo generale di giustificazione del recesso, a garanzia del quale si può rrivare sino alla tutela reale (reintegrazione nel posto di lavoro) o solo obbligatoria (alternativa tra iassunzione o pagamento di una penale a titolo risarcitorio, e non di retribuzione!). Questi interventi legislativi si sovrappongono agli artt. 2118 (il recesso dal contratto a tempo indeterminato) 2119 (determinato) cc. ’

La prima norma che limita il potere del datore è la legge 604 del 66, che ha recepito gli accordi collettivi.

Nel ’70, con l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori si è ampliata questa norma sino a raggiungere la tutela reale.

Il suo campo di applicazione era inizialmente limitato dallart. 35 dello stesso Statuto alle unità con più di 15 dipendenti.

La necessità di tutelare anche i lavoratori delle piccole imprese ha portato alla redazione della L. 108 del 1990, che ha sancito il generale principio della giustificazione del licenziamento (recesso vincolato).

 

Il recesso ad nutum: da regola ad eccezione

Dopo la legge n. 108 del 1990 il licenziamento volontario, di cui all’art. 2118 c.c., da regola è diventato eccezione, avendo assunto una funzione residuale, giacché trova applicazione solo per talune particolari categorie di lavoratori, visto lo specifico contenuto della prestazione di lavoro: i lavoratori domestici, gli sportivi professionisti ed i lavoratori in prova (esclusione dall’ambito della tutela reale ed obbligatoria che cessa però al momento dell’assunzione definitiva e in ogni caso, decorsi sei mesi dall’inizio del rapporto di lavoro). Ancora, il recesso ad nutum opera nei confronti dei lavoratori anziani che abbiano maturato il diritto alla pensione di vecchiaia.

Lo stesso recesso opera nei confronti dei dirigenti (essendo la disciplina limitativa dei licenziamenti applicabile solo agli impiegati ed agli operai), anche se la giurisprudenza ha specificato che tale recedibilità interessa solo i dirigenti apicali, cioè quelli posti ai vertici dell’organizzazione dell’impresa. In questi casi è d’obbligo la comunicazione scritta e tali dirigenti sono tutelati contro il licenziamento discriminatorio.

 

Le ipotesi di limitazione temporale del licenziamento

Durante certi periodi è escluso il licenziamento ad nutum ed è possibile licenziare solo per giusta causa, ai sensi dell’art. 2110: infortunio, malattia, gravidanza o puerperio, servizio militare, funzioni pubbliche elettive. In tali periodi di conservazione del posto il lavoratore, impossibilitato ad eseguire la sua prestazione, può essere licenziato solo per giusta causa ed alcune volte, ed è il caso delle lavoratrici madri, addirittura per motivi ancor più gravi.

 

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