Il contratto di lavoro può essere stipulato a tempo indeterminato oppure ad esso può essere apposto un termine di durata.

Il Codice Civile del 1865 imponeva la temporaneità delle obbligazioni di prestare lavoro all’altrui servizio. Questo perché si volevano evitare forme di lavoro a vita che si ritenevano simili all’antica schiavitù. Successivamente, le trasformazioni indotte dalla Rivoluzione Industriale e l’avvertita preoccupazione di rendere stabile l’inserimento dei lavoratori nei luoghi di lavoro, avevano finito per modificare quell’orientamento, inducendo a considerare con favore i rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Questa concezione ha trovato più intensa espressione nella legge n. 230/1962 che ha stabilito che il contratto di lavoro subordinato è di regola a tempo indeterminato, e che ha subordinato le assunzioni a termine alle sole ipotesi tassativamente stabilite dal legislatore:

– svolgimento di attività stagionali;

– sostituzione di lavoratori assenti;

– esecuzione di un’opera o un servizio aventi carattere straordinario e occasionale.

Però a partire dagli anni 70, la crisi economica ha portato il legislatore ad attenuare il rigore della disciplina prevista dalla legge n. 230/1962. Sono state così previste ulteriori ipotesi nelle quali può essere legittimamente apposto un termine al contratto di lavoro.

Questa tendenza a liberalizzare le assunzioni a termine trova infine riscontro definitivo nel D. Lgsl. n. 368/2001, che ha stabilito che il contratto a tempo determinato può essere stipulato a fronte di ragioni di carattere tecnico,, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro.

Quindi non è più richiesto che l’assunzione sia giustificata da fatti straordinari, imprevedibili o eccezionali.

L’apposizione del termine al contratto di lavoro deve avvenire in forma scritta, con espressa indicazione della ragione posta a base dell’assunzione a tempo determinato. In mancanza di forma scritta, l’apposizione del termine è priva di effetti e il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato.

E’ rimessa alla contrattazione collettiva l’individuazione dei limiti quantitativi alla facoltà del datore di lavoro di impiegare lavoratori assunti a termine.

La proroga del termine legittimamente apposto, con il consenso del lavoratore, è ammessa solo quando la durata iniziale sia inferiore a tre anni e per una sola volta e a condizione che sia richiesta per ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale in contratto è stato stipulato.

Il recesso prima del termine è previsto solo per una giusta causa.

Nel caso in cui il rapporto continui dopo la scadenza del termine, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere una maggiorazione della retribuzione. L’attività lavorativa può continuare fino al ventesimo giorno successivo alla scadenza, se il contratto aveva durata inferiore ai sei mesi; fino al trentesimo giorno successivo alla scadenza, se aveva durata superiore ai sei mesi. Nel caso in cui il rapporto prosegua oltre tali tempi, si considera a tempo indeterminato.

Il D. Lgsl. n. 368/2001 consente di riassumere il lavoratore alla scadenza del contratto a termine, con un nuovo contratto a tempo determinato, purchè siano trascorsi dieci giorni dalla scadenza del contratto, quando questo aveva una durata non superiore ai sei mesi, oppure siano trascorsi venti giorni in caso di durata del contratto superiore ai sei mesi. Nel caso in cui tali termini non siano rispettati il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.

La legge 247/2007, nel tentativo di porre un freno alla precarietà nel lavoro, ha stabilito una durata massima di trentasei mesi per il rapporto di lavoro a tempo determinato tra gli stessi soggetti e per lo svolgimento delle stesse mansioni.

Nel caso di dirigenti è sempre consentita la stipulazione di contratti a termine, purchè di durata non superiore ai cinque anni. Comunque il dirigente ha la facoltà di recesso trascorso un triennio.

C’è poi da dire che in base al principio di non discriminazione, al lavoratore con contratto a termine spetta lo stesso trattamento riservato ai lavoratori dell’impresa con contratto a tempo indeterminato.

Per quanto riguarda i rapporti di lavoro della Pubblica Amministrazione, la materia dei contratti a termine è disciplinata dai contratti collettivi nazionali, ma comunque la Legge ha stabilito che in caso di violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione a termine, ciò non comporta la trasformazione del contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato, come invece accade nel campo del lavoro privato.

Va ricordato che le assunzioni a termine possono essere effettuate anche con rapporto a tempo parziale.

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