La legge prevede il diritto del lavoratore ad una erogazione legata alla cessazione del rapporto di lavoro. La indennità di anzianità doveva essere “proporzionale agli anni di servizio” e la sua base di calcolo era rappresentata dalla “ultima retribuzione” percepita dal lavoratore: quindi, l’ammontare della indennità spettante era determinato moltiplicando l’ultima retribuzione per il numero degli anni di servizio. Tale sistema di calcolo era particolarmente favorevole per il lavoratore, poiché l’ultima retribuzione è solitamente più elevata di quella percepita nel corso del rapporto di lavoro (e, in particolare, durante la fase iniziale).

La legge, successivamente, soppresse l’indennità di anzianità, e, in sua sostituzione, ha introdotto il trattamento di fine rapporto, che è strettamente legato all’effettiva progressione economica del lavoratore durante l’intero rapporto di lavoro. Il trattamento di fine rapporto, infatti, si calcola accantonando e sommando singole quote della retribuzione effettivamente percepita in ogni anno di servizio. In particolare, le singole quote da accantonare anno per anno sono determinate dividendo la retribuzione annua per 13,5, in considerazione della tendenziale articolazione contrattuale di quest’ultima su 13 o 14 mensilità.

Per le frazioni di anno, la quota è proporzionalmente ridotta considerando come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni. Le singole quote accantonate sono rivalutate ogni anno per tenere conto degli effetti dell’inflazione mediante l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo accertato dall’ISTAT rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

La retribuzione annua da prendere come base di calcolo è assai ampia, poiché è rappresentata da tutte le somme corrisposte al lavoratore, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, in dipendenza del rapporto di lavoro. Sono escluse dalla base di calcolo soltanto le somme corrisposte a titolo occasionale (ossia dirette a remunerare specifiche prestazioni, o modalità della prestazione, aventi carattere straordinario od episodico), nonché i rimborsi spese (ossia le somme dirette a rifondere il lavoratore di spese sostenute nell’interesse del datore di lavoro).

I contratti collettivi hanno, però, il potere di apportare deroghe anche in senso peggiorativo per i lavoratori, adottando una base di calcolo più circoscritta. Nell’ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro dovuta ad una delle cause previste dall’articolo 2110 del Codice Civile o all’intervento delle integrazioni salariali, la retribuzione da prendere come riferimento per calcolare il trattamento di fine rapporto è quella che il lavoratore avrebbe percepito in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro. Il trattamento di fine rapporto, in quanto somma di quote di retribuzione accantonate annualmente, ha natura di retribuzione differita.

Ha natura di retribuzione, perché costituisce il corrispettivo del complesso delle prestazioni rese nel tempo dal lavoratore. Si tratta di retribuzione differita, poiché il diritto alla sua erogazione sorge soltanto al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Prima di tale evento, non è configurabile un diritto del lavoratore alle singole quote del trattamento di fine rapporto accantonate anno per anno, eccetto che sia riconosciuto un tale diritto.

 

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