La legge 675 del 1996 , integralmente sostituita dal D.Leg. 196 del 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali), tutela le persone fisiche e giuridiche rispetto al trattamento dei dati personali e ciò riguarda anche le c.d. banche-dati aziendali ed il trattamento dei dai personali dei lavoratori dipendenti.
Accanto all’istituzione di un’apposita autorità che garantisce la detta protezione (Garante per la protezione dei dati personali) con compiti di controllo e poteri sanzionatori, sono stati riconosciuti a tutti i c.d. diritti informatici, cioè la conoscenza preventiva, mediante comunicazione, della raccolta di dati personali.
Un ruolo marginale è stato assegnato al consenso dell’interessato, che è chiesto solo in talune ipotesi, i c.d. dati sensibili, che rivelano l’origine razziale ed etnica, o l’appartenenza a convinzioni politiche o sindacali, religiose, o le scelte sessuali o lo stato di salute. Nel suo diritto di accesso ognuno ha diritto a sapere dell’esistenza di tali dati e le sue finalità . Questi dati possono essere oggetto di trattamento solo con il consenso dell’interessato e sulla base della preventiva autorizzazione del Garante.
La legge 675 ha espressamente salvaguardato le disposizioni dello Statuto (art. 8) dei lavoratori che, già prima della sua emanazione, assicuravano una tutela rinforzata del diritto alla riservatezza. Va notato che i dati sensibili (in particolare quelli sindacali o sanitari) sono assai spesso legittimamente conosciuti dall’azienda. Il lavoratore ha diritto in ogni caso di essere informato del trattamento dei dati che lo riguardano. A volte il trattamento è svolto dagli stessi sindacati, per garantire maggiore tutela.
La simulazione nel contratto di lavoro
Il problema della divergenza tra la volontà e la dichiarazione si presenta a proposito della simulazione (art. 1414 c.c.) nella quale la volontà dichiarata ai terzi si contrappone alla controdichiarazione dei contraenti (che è quella efficace).
Si ha la prevalenza del contratto effettivo dissimulato su quello apparente simulato.
In materia lavoristica, tuttavia, il motivo illecito corrisponde alla frode della legge (intento fraudolento), mentre l’accordo simulatorio funge da strumento per la realizzazione del risultato pratico corrispondente al motivo illecito.
Di qui l’invalidità sia del contratto simulato sia del contratto dissimulato, e, ove possibile, la sostituzione automatica della disciplina imperativa del rapporto. Questo accade, per esempio, quando si stipuli un contratto di lavoro autonomo, per eludere la disciplina di tutela per il lavoratore.
SarĂ anche, ovviamente, ritenuto nullo il contratto dissimulato con oggetto o causa illeciti.