L’ambito di applicazione della tutela contro la disoccupazione è stato sempre limitato ai lavoratori subordinati. Recentemente, però, il legislatore ha previsto, in via sperimentale, delle forme di sostegno del reddito anche a favore dei lavoratori parasubordinati e dei lavoratori a progetto (fermo restando che dal 1 gennaio 2016 non possono più essere stipulati contratti a progetto e che possono continuare ad avere esecuzione sino alla loro scadenza soltanto i contratti a progetto già stipulati). Tali forme di sostegno esprimono la consapevolezza dell’esigenza di estendere almeno alcune delle tutele del lavoro subordinato ad altre attività caratterizzate da analoghe condizioni di debolezza e di bisogno.

In particolare, già nel 2009 il legislatore aveva introdotto, in via sperimentale per un triennio, uno speciale trattamento di sostegno del reddito anche per i lavoratori a progetto. Tale trattamento era stato poi reso definitivo dal 1 gennaio 2013. La tutela era limitata soltanto ai collaboratori a progetto iscritti in via esclusiva alla gestione separata dell’INPS i quali, nell’anno precedente la cessazione del rapporto, avevano operato in regime di monocommittenza, erano stati disoccupati per un periodo ininterrotto di almeno due mesi e avevano conseguito un reddito inferiore a 20.000,00 euro, annualmente rivalutato, limite oltre il quale il legislatore presumeva non vi fosse uno stato di bisogno.

Inoltre, era richiesto che il collaboratore a progetto avesse una anzianità contributiva di almeno 4 mesi (ridotti a 3 per il triennio 2013-2015) nell’anno precedente la cessazione del rapporto e di almeno un mese nell’anno di disoccupazione. In presenza di queste condizioni, ma pur sempre entro i limiti di spesa prestabiliti, era corrisposta ai lavoratori a progetto una indennità, che poteva essere una tantum o mensile a seconda che essa risultasse inferiore o superiore a 1000 euro. Tale indennità era determinata in misura pari al 5% (aumentato al 7% per il triennio 2013-2015) di un determinato minimale di reddito, moltiplicato per il minor numero tra mensilità contributive accreditate l’anno precedente e quelle non coperte da contribuzione.

Da ultimo, sempre in via sperimentale, ma soltanto per gli eventi di disoccupazione verificatisi nel 2015 e nel 2016, il legislatore ha introdotto, in sostituzione del trattamento predetto, una indennità di disoccupazione mensile denominata DIS-COLL per tutti i collaboratori coordinati e continuativi anche a progetto che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione. Per avere diritto alla DIS-COLL è necessario che i collaboratori coordinati e continuativi, oltre ad essere iscritti in via esclusiva alla gestione separata dell’INPS, siano anche non pensionati, privi di partita IVA e in stato di disoccupazione al momento della presentazione della domanda.

È, inoltre, richiesto che essi abbiano una anzianità contributiva di almeno 3 mesi dal primo gennaio dell’anno solare precedente la cessazione del rapporto e di almeno un mese nell’anno solare in cui si verifica la cessazione del rapporto. Come la NASpI, l’ammontare dell’indennità è pari al 75% del reddito medio mensile nel caso in cui tale reddito nel 2015 sia pari o inferiore all’importo di 1195 euro, annualmente rivalutato. Se il reddito è superiore all’importo di 1195 euro, l’ammontare della indennità, sempre entro un massimale predeterminato, è incrementato di un ulteriore 25% della quota eccedente tale importo. Invece, per quanto riguarda la durata, la DIS-COLL è erogata mensilmente per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati dal primo gennaio dell’anno solare precedente la cessazione del rapporto, con un limite massimo di 6 mesi.

 

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