Si ha lavoro notturno quando la prestazione viene eseguita di notte, e cioè, secondo l’opinione generale, tra le ore ventidue e le ore sei. Il lavoro notturno è soggetto ad una serie di divieti e di limitazioni, in quanto, alterando i ritmi biologici di vita del prestatore, risulta più dannoso e faticoso non solo del lavoro diurno, ma anche del lavoro straordinario.
Sono previsti particolari controlli e garanzie per la sicurezza dei lavoratori notturni e se sopraggiungono condizioni di salute che comportano l’inidoneità al lavoro notturno, accertata dal medico, il lavoratore deve essere assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, ove esistono e sono disponibili.
Il lavoro notturno è vietato alle donne gravide fino al compimento di un anno del bambino. E’ facoltativo per la madre di un bimbo con meno di tre anni, per la lavoratrice o lavoratore unico affidatario di un bimbo con meno di 12 anni, o degli stessi lavoratori che hanno un disabile in carico.
Il decreto prevede che l’orario di lavoro notturno dei lavoratori non possa superare le 8 ore di media nelle 24 ore, a meno che i contratti collettivi, anche aziendali non individuino un arco temporale più ampio. Qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino l’inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, il lavoratore deve essere assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, ove esistenti e disponibili: alla contrattazione collettiva spetta individuare le modalità di applicazione di questa previsione nonché le soluzioni nei casi in cui l’assegnazione non risulti applicabile.
Con riferimento alla disciplina del lavoro notturno, è stata modificata in senso restrittivo la definizione di lavoratore notturno: ora è considerato tale colui che durante il periodo notturno «svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale» (per questo aspetto la previsione originaria è rimasta immutata), ovvero colui che, durante il periodo notturno, svolga «almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro» o ancora, in difetto di disciplina collettiva, «svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno per almeno tre ore».