Importanti novità hanno caratterizzato il diritto del lavoro nei primi anni del decennio in corso. Il governo nominato nel 2001 ha tratteggiato nuove strategie di intervento che sarebbero seguite, nel quinquennio, in materia del lavoro. L’interesse del governo era concentrato soprattutto sulle esigenze di una maggiore liberalizzazione del mercato del lavoro, sulla rivalutazione del ruolo dell’autonomia individuale rispetto a quella dell’autonomia collettiva nella definizione delle condizioni di lavoro e nel superamento dei vincoli derivanti dalla concertazione.

Questo era ritenuto necessario dalla sfida competitiva del mercato globalizzato. Il programma ha trovato subito riscontro nella riforma della normativa sul contratto di lavoro a tempo determinato e di quella in materia di tempo di lavoro (orario, ferie, etc.) entrambe collegate all’attuazione di direttive comunitarie.

La più significativa manifestazione del nuovo corso è stata la normativa di riforma del mercato del lavoro del 2003, con al quale si è ulteriormente approfondita la liberalizzazione delle attività di mediazione del lavoro e sono state introdotte nuove figure contrattuali di lavoro c.d. atipico, nonché ridisciplinate alcune figure contrattuali già esistenti, come per esempio quella dell’apprendistato, il tutto sempre nella prospettiva di conferire amggiore flessibilità ad un mercato ritenuto ingessato dai vincoli legislativi e negoziali precedenti.

Da ricordare, infine, che una nuova legge costituzionale (18/11/2005) era stata approvata (a maggioranza assoluta in seconda votazione ) in tema di “devoluzione” di competenze legislativi alle Regioni. Sottoposta a referendum è stata abrogata nel 2006.

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