Altro aspetto del rapporto di lavoro è che esso s’instaura con il soggetto che effettivamente si avvale delle prestazioni e non con il soggetto che formalmente assume la mano d’opera per poi farla lavorare presso terzi, situazione, che comporta una scissione tra rapporto di lavoro e rapporto di servizio, e che può aversi soltanto nelle ipotesi, nel nostro ordinamento eccezionali, in cui è ammesso il lavoro interinale o in affitto.
Fuori da queste ipotesi si applica la L. 1369/1960, che, fino alla abrogazione prevista dalla lett. m. della legge delega 5 febbraio 2003, sancisce il divieto d’interposizione o d’intermediazione della mano d’opera, con la conversione soggettiva del contratto di lavoro stipulato dall’intermediario, nel senso che a quest’ultimo subentra il datore effettivo, quello che utilizza le prestazioni di lavoro. Il divieto d’interposizione era già sancito dall’art. 2127 cc., che vietava all’imprenditore di affidare ad un proprio dipendente il compito di assumere dei cottimisti da adibire all’attività dello stesso imprenditore; contratto di lavoro nullo rilevante nei confronti dello stesso imprenditore.
Questi principi sono stati accolti nella L. 1369/1960, che li ha generalizzati, ponendo il divieto all’esterno, ossia nei confronti d’intermediatori anche diversi dai dipendenti, divieto che ha ad oggetto la fornitura di mano d’opera a terzi, stabilendo la rilevanza del rapporto con il soggetto che utilizza le energie lavorative. Poiché il divieto d’interposizione potrebbe essere violato in modo indiretto, il legislatore ha vietato, assimilando all’interposizione anche un’altra ipotesi fraudolenta, quella dello pseudo-appalto, che si ha quando l’appaltatore esegue l’opera o il servizio mediante l’organizzazione predisposta dall’ appaltante, con conseguente venir meno dei requisiti del contratto di appalto determinati dall’art. 1655 cc.. Nello pseudo-appalto il datore effettivo è lo pseudo-appaltante, che predispone l’organizzazione nella quale il lavoratore viene inserito, mentre lo pseudo-appaltatore assume la configurazione di un intermediatore.
Responsabilità penale e civile dell’intermediatore. In ogni caso, l’intermediatore è penalmente responsabile, insieme all’imprenditore, per la violazione del divieto d’interposizione; risponde solidalmente con l’imprenditore delle obbligazioni di quest’ultimo nei confronti dei lavoratori da lui illecitamente assunti.
Appalto di opere con impiego prevalente di lavoro. L’art. 3 della legge in esame ammette l’appalto di opere o di servizi esterni o interni all’azienda che richiedono assoluta prevalenza di mano d’opera. La giurisprudenza recente è orientata per un allargamento delle ipotesi, quando l’appaltatore, pur avvalendosi dei locali lavorativi e delle attrezzature del committente, compie un servizio con gestione a proprio rischio e con l’adeguata organizzazione. Adibiti a tale attività da parte dell’impresa appaltatrice a favore dell’impresa appaltante sono sempre gli stessi lavoratori, che di conseguenza svolgono un’attività continuativa direttamente a favore dell’impresa appaltante. In mancanza dell’espressa previsione dell’art. 3 avremmo avuto un’ipotesi di appalto di mano d’ opera.
Lo stesso art. 3 sancisce un regime speciale di responsabilità solidale di un anno tra appaltante ed appaltatore per il trattamento economico e normativo minimo corrispondente a quello corrisposto dall’appaltante ai propri dipendenti con la stessa categoria e qualifica professionali.
La responsabilità solidale ordinaria. Se viceversa l’impresa appaltatrice non impiega sempre la stessa squadra di lavoratori, viene a mancare la continuità della prestazione, con conseguente esclusione di un’ipotesi ammessa di appalto di mano d’opera; in tal caso, sempre che vi sia l’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro, la responsabilità solidale è quella generale prevista dall’art. 1676 cc., in base alla quale i dipendenti dell’impresa appaltatrice possono far valere, senza limiti di tempo, i loro crediti di lavoro anche nei confronti dell’impresa appaltante, entro l’importo del debito di quest’ultima nei confronti dell’appaltatore.
Appalto di subfornitura. Altro campo di applicazione della responsabilità solidale prevista dall’art. 1676 cc. è quella del contratto di subfornitura con il quale un imprenditore s’impegna ad effettuare per conto di un’impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime fornite dalla stessa committente o s’impegna a fornire all’impresa committente prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente. È preclusa l’ulteriore fornitura, senza l’autorizzazione del committente, per una quota superiore al 50% di beni o servizi già oggetto del contratto di fornitura (art. 1 e 4 L. 192/1998).
Il datore dal punto di vista del diritto penale
Ultimo problema relativo al datore è l’individuazione di chi debba considerarsi tale, nel caso di un datore persona giuridica, dal punto di vista penale, considerata la natura personale della responsabilità penale (art. 27 co. 1 cost.).
La soluzione generalmente accolta è che debba considerarsi penalmente responsabile la persona fisica che ha il
potere illimitato di gestione dell’impresa, e cioè tutti i componenti del consiglio di amministrazione oppure, se così disposto dallo statuto, l’amministratore unico delegato o il presidente dello stesso consiglio di amministrazione.
La delega. Occorre aggiungere che l’imprenditore, anche individuale, non potendosi occupare del funzionamento dell’intera attività imprenditoriale, può delegare i doveri penali ai dirigenti e preposti, sempre che la delega sia effettiva ed adeguata, cioè deve essere conferita ad un dirigente effettivamente responsabile del servizio e che sia messo in condizioni di adempiere i doveri delegati. La delega, ancorché legittima, non esonera del tutto il datore dalla responsabilità penale che permane, insieme a quella del dipendente delegato, se l’inosservanza dei doveri penali da parte di quest’ultimo sia avvenuta senza adeguato controllo del datore, necessario ad assicurare l’esatto adempimento.