L’apprendistato ha origini risalenti e già il Codice Civile lo regolava come un rapporto “speciale” di lavoro, caratterizzato dall’obbligo dell’imprenditore di “permettere che l’apprendista frequenti i corsi per la formazione professionale” e di “destinarlo soltanto ai lavori attinenti alla specialità professionale cui si riferisce il tirocinio”. La disciplina dettata, poi, dalla legge 25 del 2955 ha ulteriormente evidenziato come il contratto di apprendistato configuri un negozio a causa mista, in quanto alle obbligazioni che realizzano lo scambio tra lavoro e retribuzione, si aggiunge l’obbligo del datore di lavoro di impartire la formazione necessaria ai fini dell’acquisizione di una qualificazione professionale da parte dell’apprendista.

Quando, però, ha iniziato ad essere maggiormente avvertito il problema della disoccupazione giovanile, il legislatore ha ritenuto che l’apprendistato non fosse uno strumento sufficiente a darvi soluzione. Fu, così, introdotto un nuovo e distinto modello contrattuale, denominato “contratto di formazione e lavoro”, nel quale risultava prevalente la finalità promozionale dell’occupazione, realizzata mediante la previsione di notevoli benefici di natura economica e normativa a favore delle imprese.

La previsione di alcuni di tali benefici fu ritenuta in contrasto con la disciplina comunitaria della concorrenza. Il legislatore nazionale decise di sopprimere l’utilizzo di tale modello contrattuale per tutti i datori di lavoro privati, ritenendo di poterlo sostituire con una profonda riforma dell’apprendistato. A tal fine, venivano individuate tre diverse tipologie di apprendistato, che avrebbero dovuto soddisfare esigenze formative diverse, al fine di favorire la diffusione in tutti i settori economici e, nel contempo, di realizzare un collegamento tra il sistema dell’istruzione e il mondo del lavoro.

Di fatto, l’apprendistato non ha avuto, e non ha tuttora, la diffusione auspicata. Appare, quindi, oggi ben distante dalla realtà l’incauta dichiarazione del legislatore di considerarlo la “modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro”. La disciplina vigente definisce l’apprendistato “un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani”, confermando così che si tratta di un contratto a causa mista, nel quale, però, assume esplicitamente rilevanza non soltanto la tradizionale finalità formativa, ma anche quella di promozione dell’impiego.

È, inoltre, confermato che l’apprendistato può articolarsi in tre diverse tipologie, che sono oggi denominate: “a) apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore; b) apprendistato professionalizzante; c) apprendistato di alta formazione e ricerca”.

La prima e la terza tipologia sono dirette a realizzare un sistema cd. “duale” di integrazione organica tra la formazione e lavoro ai fini dell’acquisizione dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali contenuti nel Repertorio nazionale di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 13 del 2013; mentre l’apprendistato professionalizzante è finalizzato al “conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali”, ossia ai fini previsti dai sistemi di inquadramento professionale stabiliti dai contratti collettivi. La disciplina generale prevede la forma scritta, ai fini della prova, del contratto.

Il contratto deve contenere, almeno “in forma sintetica”, il piano formativo individuale, definito “anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali”. Per la prima e la terza tipologia, tale piano formativo è predisposto direttamente dalla istituzione formativa interessata, sia pure “con il coinvolgimento dell’impresa”. La durata del contratto non può essere inferiore a 6 mesi, salva la possibilità, nelle prime due tipologie, di specifiche disposizioni regionali e collettive in relazione allo svolgimento di attività stagionali.

Per consentire che svolga la sua funzione, durante il periodo di apprendistato trova applicazione la disciplina che limita il potere di licenziamento del datore di lavoro e sanziona l’illegittimo esercizio di tale potere. È precisato, al riguardo, che, nella prima e terza tipologia, il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi, attestato dall’istituzione competente, costituisce giustificato motivo di licenziamento. Terminato il periodo di apprendistato, al fine di mantenere tra le caratteristiche del modello contrattuale una flessibilità che non è assicurata dal modello standard, le parti sono libere di recedere dal contratto, dandone preavviso con decorrenza dal termine stesso.

In mancanza di recesso il rapporto prosegue come rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La disciplina dell’apprendistato è, in prevalenza, demandata agli accordi interconfederali e ai contratti collettivi nazionali di lavoro, tenuti, però, ad attenersi, ai seguenti principi: divieto di retribuzione a cottimo; possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante per la qualificazione che il contratto è finalizzato a conseguire, ovvero, in alternativa, possibilità “di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale all’anzianità di servizio”; presenza di un “tutore o referente aziendale”; possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali per il tramite dei fondi paritetici interprofessionali; possibilità del riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi e nei percorsi di istruzione degli adulti; registrazione della formazione effettuata e della qualificazione professionale ai fini contrattuali eventualmente acquisita nel “libretto formativo del cittadino”; possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto di durata superiore a 30 giorni; possibilità di definire forme e modalità per la conferma in servizio, come condizione per procedere ad ulteriori assunzioni di apprendisti.

È consentito che gli apprendisti vengano “indirettamente” assunti tramite le agenzie di somministrazione di lavoro, con una ulteriore valorizzazione della funzione di quest’ultima, anche se limitata, in questo caso, alla sola forma della somministrazione a tempo indeterminato. Il numero complessivo di apprendisti non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate.

Tuttavia: nel caso di datori di lavoro che occupino meno di 10 lavoratori, il numero degli apprendisti non può superare quello delle predette maestranze; nel caso di datore di lavoro che non abbia lavoratori qualificati o specializzati, o ne abbia in numero inferiore a 3, gli apprendisti possono essere assunti in numero non superiore a 3. Inoltre, salvi diversi limiti previsti dai contratti collettivi, è previsto che i datori di lavoro con più di 50 dipendenti possono assumere nuovi apprendisti con contratto professionalizzante a condizione che, nei 36 mesi precedenti, abbiano proseguito il rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato con almeno il 20% degli apprendisti precedentemente assunti.

Nel caso la percentuale non sia stata rispettata, è consentita l’assunzione di un solo apprendista con contratto professionalizzante. Gli apprendisti “assunti in violazione di tale disposizioni sono considerati ordinari” lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Per ciascuna delle tre diverse tipologie di apprendistato sono dettate, poi, disposizioni specifiche che regolano i limiti di età dei soggetti che possono essere assunti come apprendisti, la durata del periodo di apprendistato, i principi riguardanti la regolamentazione dei profili formativi e il raccordo tra le diverse competenze e le attività formative previste, a seconda che queste siano svolte all’esterno o all’interno dell’azienda.

Per assicurare i livelli essenziali delle prestazioni, gli standard formativi sono definiti con decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano. Numerosi e incisivi sono i benefici con i quali la legge intende promuovere la diffusione dell’apprendistato. C’è la possibilità del “sottoinquadramento” dell’apprendista e del “rirproporzionamento” della retribuzione in relazione all’anzianità di servizio.

Si aggiunga che, per l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, e per l’apprendistato di alta formazione e ricerca, le ore di formazione a carico del datore di lavoro sono retribuite con un importo pari al 10% di quello che sarebbe dovuto, mentre è escluso ogni obbligo retributivo per le ore di formazione svolte presso la istituzione formativa.

Va ricordato, infine, che per l’assunzione dell’apprendista sono riconosciuti anche benefici contributivi, i quali, in caso di prosecuzione del rapporto al termine del periodo di apprendistato, sono mantenuti per un anno dopo il predetto termine. Sotto il profilo sanzionatorio, l’inadempimento nella erogazione della formazione, ove derivi da responsabilità del datore di lavoro e sia tale da impedire la realizzazione delle finalità dell’apprendistato, determina la riconduzione del rapporto di apprendistato in un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Inoltre, tale inadempimento comporta l’obbligo del datore di versare agli istituti previdenziali il doppio della differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento superiore che l’apprendista avrebbe dovuto conseguire. Tuttavia, se l’inadempimento da parte del datore di lavoro nella erogazione della formazione è rilevato dal personale ispettivo del Ministero del lavoro mentre il periodo di apprendistato è ancora in corso, il personale stesso provvede ad impartire le disposizioni necessarie per porvi rimedio, assegnando al datore di lavoro un congruo termine per adempiere.

La violazione delle disposizioni di legge e collettive, aventi ad oggetto la forma e il contenuto del contratto, è punita con sanzioni amministrative. Gli apprendisti sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi di lavoro per l’applicazione di particolari normativi ed istituti, salvo diverse disposizioni speciali.

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