I contratti a finalità formative consistono nel contratto di apprendistato e nel contratto di inserimento. La nuova normativa sui contratti di formazione e all’efficacia differita, in quanto i profili e della formazione professionale sono rimessi alla legislazione regionale, e le modalità di erogazione della formazione ai contratti collettivi. Fino all’emanazione di tali norme il contratto di apprendistato continua ad essere regolato dalla vecchia normativa ( L. 25/55), come disposto dall’articolo 47 d.lgs. 276/03

 

L’apprendistato: tripartizione del contratto

Il nuovo contratto di apprendistato, ripartito in tre tipi, può definirsi il contratto con il quale il datore, nell’utilizzare le prestazioni di lavoro, assume l’obbligo, accanto a quelli della retribuzione, della sicurezza del lavoro e della collaborazione creditori a, di fornire all’apprendista una formazione non soltanto pratica ma anche teorica.

 

Art. 48: apprendistato nell’esercizio del diritto dovere di istruzione

Il primo tipo, regolato dall’articolo 48, riguarda gli adolescenti che, nell’esercizio del diritto-dovere di istruzione, e intendono acquisire la formazione scolastica obbligatoria. Il contratto, che prevede un’età minima di 15 anni ed una massima che si desume dal completamento della durata del diritto all’istruzione obbligatoria, ha una durata variabile fino al massimo di tre anni.

Il contratto, in forma scritta, deve indicare la prestazione lavorativa da svolgere, la qualifica da conseguire, il divieto della retribuzione a cottimo e la facoltà per il datore di recedere dal contratto al termine del periodo di apprendistato (o, nel corso del rapporto, sulla base di una giusta causa o giustificato motivo). In mancanza di prescrizioni da parte della legge si ritiene che la forma scritta sia richiesta neppure a fini probatori, ma soltanto per la ricognizione degli elementi del contratto.

Tuttavia, se il rapporto si è svolto in assenza delle caratteristiche e delle finalità dell’apprendistato, o in violazione, da parte del datore, degli obblighi di formazione, esso assume la qualificazione di un normale rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

 

Art. 49: apprendistato professionali zampe

Anche per il contratto di apprendistato professionalizzante, ai sensi dell’articolo 49, valgono, in tema di forma e di carattere del rapporto, le stesse previsioni di cui all’articolo 48. E si è rivolto ai giovani dai 18 ai 29 anni al fine di consentire loro l’acquisizione della qualificazione professionale attraverso il lavoro e l’istruzione di base; la durata del contratto va da un minimo di due anni a un massimo di sei. Questo tipo di apprendistato può congiungersi con quello diretto all’esercizio del diritto-dovere dell’istruzione obbligatoria, con una durata complessiva non superiore a sei anni.

 

Art. 50: apprendistato per un elevato titolo di studio

Il terzo tipo di apprendistato è diretto, secondo l’articolo 50, alla formazione teorica e scolastica (per i giovani dai 18 ai 29 anni) che mira al conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione. Tale apprendistato può aggiungersi ai due precedenti tipi, con ammissibilità di un rapporto di durata complessiva superiore a sei anni.

 

Tirocini in borse di lavoro: esclusione di lavoro subordinato

Il d.lgs. 276/03 non ha dato attuazione alla legge 30/03 in materia di tirocini rivolti al collocamento sul mercato del lavoro; per il momento la materia è disciplinata dalla circolare n. 32 del 2 agosto 2004. Deve inoltre ritenersi che non siano stati abrogati le borse di lavoro, gli stages e i tirocini formativi o di orientamento previsti dalla legge 196/97, al fine di realizzare momenti di alternanza tra storia e lavoro e di agevolare le scelte professionali. Carattere e di tirocini è quello di non costituire un rapporto di lavoro subordinato, con conseguente esclusione della natura retributiva del compenso; occorre tuttavia segnalare il pericolo che i tirocini possano sostituirsi ai rapporti di apprendistato ed essere utilizzati allo scopo di ottenere prestazioni lavorative a bassissimo costo.

 

Il contratto di inserimento

Il contratto di inserimento, che ha sostituito il contratto di formazione, tuttavia assorbito dai contratti di apprendistato, mira a favorire l’assunzione, e quindi il reinserimento o l’inserimento nel mercato del lavoro, di fasce deboli di lavoratori. Ai contratti collettivi è attribuita la determinazione delle modalità di definizione dei piani individuali di inserimento.

Per il momento è stato stipulato l’accordo interconfederali e dell’11 febbraio 2004 con indicazioni generiche sugli elementi che dovrebbero consentire, in attesa dei contratti di categoria e aziendali, l’efficacia provvisoria del contratto di inserimento. In attesa dell’efficacia definitiva del nuovo contratto di inserimento, resta in vigore il precedente (legge 223/91 sull’inserimento dei lavoratori disoccupati) che,una volta entrato in vigore il nuovo contratto, troverà applicazione solo se più favorevole.

Dal lato dei datori, sono legittimati alla stipulazione del contratto di inserimento: le imprese e i consorzi, i gruppi di imprese (anche se impropriamente, in quanto privi di soggettività giuridica), le associazioni professionali, le fondazioni e gli enti di ricerca pubblici e privati. Il nuovo contratto di inserimento è previsto a favore dei lavoratori dai 18 ai 29 anni, dei disoccupati di lunga durata, dei lavoratori con più di cinquant’anni privi di un posto di lavoro e dei lavoratori portatori di handicap.

Presupposto per la stipulazione del contratto e la definizione di un progetto individuale di adattamento; la durata non può essere superiore ai 18 mesi (con deroga fino a 36 per i lavoratori affetti da handicap) e il contratto non può essere rinnovato tra le stesse parti: in caso di violazione dei termini il contratto di inserimento si trasforma in contratto a tempo indeterminato per illegittima apposizione del termine. Il contratto si intende a tempo indeterminato anche in mancanza di forma scritta, richiesta ad substantiam.

Per quanto concerne gli incentivi, i lavoratori vengono inquadrati in un livello due volte inferiore a quello della categoria di appartenenza e non vengono computati, salvo che non sia diversamente stabilito dai contratti collettivi.

 

Lavori socialmente utili e logica del workfare

I lavori socialmente utili possono essere affidati a due categorie di lavoratori: quelli titolari di un diritto previdenziale (quale l’integrazione guadagni o l’indennità di mobilità), e quelli disoccupati senza il godimento di alcun diritto previdenziale. Per entrambe le categorie di lavori socialmente utili rispondono alla logica del workfare, ossia del diritto previdenziale o assistenziale riconosciuto soltanto a condizione dello svolgimento di un’attività lavorativa o di orientamento professionale.

I titolari di un diritto previdenziale perdono il diritto stesso si rifiutano di svolgere i lavori socialmente utili. Il rapporto che si instaura tra le imprese che gestiscono i lavori socialmente utili non è di lavoro subordinato, con conseguente natura meramente assistenziale dell’indennità corrisposta.

L’ art. 13 aggiungere altre due ipotesi di politica del workfare: la prima riguarda l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro dei prestatori svantaggiati per difficoltà d’ingresso; la seconda, collegata con la somministrazione, è quella di lavoro effettivo di almeno nove mesi presso l’impresa utilizzatrice da parte di prestatori con diritti previdenziali (i quali andrebbero incontro alla perdita del diritto previdenziale se rifiutassero lo svolgimento del lavoro).

 

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