Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto, a pena di nullità, anche per il licenziamento del dirigente, con esclusione della comunicazione dei moti­vi in considerazione del fatto che non opera il limite legislativo del giusti­ficato motivo.

Negli altri casi il dato­re deve comunicare, per iscritto, anche la motivazione; la comunicazione può essere contestuale a quella del licenziamento oppure deve avvenire nei 7 giorni dalla richiesta del prestatore, il quale la può presentare, anche oralmente, nei 15 giorni dalla data in cui gli è stato comunicato il licenziamento (art. 2 L. 604/1966). La ragione per la quale non è im­posta al datore la contestualità della comunicazione della motivazione consiste nel fatto che la stessa potrebbe risultare ingiuriosa. E tuttavia la ragione della non contestualità è venuta meno, o si è attenuata, a seguito delle sentenze della corte costituzionale che hanno esteso al licenziamento disciplinare la procedura di contestazione e di discolpa prevista dall’art.7 st.lv., che comporta la necessità per il datore di contestare, preliminarmente al licen­ziamento, l’infrazione, ancorché ingiuriosa.

Preavviso ed indennità sostitutiva. Altra modalità imposta al datore è quella temporale del preavviso, la cui durata è determinata dai contratti collettivi o, in mancanza, dagli usi o dall’equità (art. 2118 cc.). La regola del preavviso comporta che il recesso esplichi effica­cia non dal momento della comunicazione ma da quello della scadenza del periodo di preavviso. Se il datore non dovesse dare il preavviso dovrebbe comunque corrispondere al prestatore l’indennità sostitutiva nonché un ulteriore periodo di ferie in rapporto al numero di giorni di svolgimento della prestazione durante il preavviso.

Inoltre, anche in man­canza del preavviso, il rapporto si estingue alla scadenza del periodo, no­nostante il mancato svolgimento della prestazione di lavoro. Le conse­guenze pratiche sono rilevanti, se si considera che la malattia interrompe il periodo di preavviso che riprende a decorrere solo al termine della ma­lattia; se poi durante il periodo di preavviso viene stipulato un nuovo con­tratto collettivo, gli effetti dello stesso si applicano anche a favore del la­voratore licenziato, proprio in quanto il rapporto fino alla scadenza del preavviso è ancora in vita. In due sole ipotesi, secondo la giurisprudenza, il recesso senza preavviso estingue il rapporto, con l’unica conseguenza del pagamento dell’indennità sostitutiva: quando il prestato­re di lavoro espressamente accetta la sostituzione dell’indennità con il preavviso e quando la sostituzione sia prevista dal contratto collettivo (Cass. 8 luglio 2002, n. 2699).

La procedura disciplinare. Altro aspetto in senso lato formale del licenziamento è la procedura di contestazione e di discolpa che occorre far precedere al licenziamento per inadempimento; infatti, la corte costi­tuzionale ha esteso al licenziamento disciplinare l’art.7 st.lv., anche nelle ipotesi in cui il recesso del datore non è assoggettato al limite del giustificato motivo. Salvo che in questa ultima ipotesi, al licenziamento disciplinare dovrebbe estendersi, secondo la sent. 204/1982, anche il comma primo dell’art. 7 che impone, con l’ob­bligo della pubblicità, anche quello della predeterminazione; tuttavia, la mancanza di predeterminazione e di pubblicità non dà luogo all’invalidità del licenziamento in quanto la connessione tra inadempimento e licenzia­mento è sancita dalla stessa legge (art. 3 L. 604/1966 e art. 2119 cc.), senza necessità, quindi, che vi provveda il datore.

Forma della contestazione e termini. La Corte non si è occupata dell’estensione al licenziamento disciplinare anche del comma quinto dell’art.7 st.lv. che sancisce la forma scritta della contesta­zione e il termine minimo di cinque giorni dalla contestazione all’applica­zione della sanzione. Deve ritenersi, tuttavia, che anche tali disposizioni si applichino anche alla sanzione più grave, quella espulsiva.

La contestazione deve avvenire nel ri­spetto dei principi dell’immediatezza, della specificità e dell’immodifica­bilità, a garanzia del diritto di difesa del prestatore.

Al lavoratore pos­sono essere contestati, se siano tali da ledere il rapporto fiduciario, anche comportamenti per i quali sia in corso un procedimento penale; essendo caduto il principio della priorità del procedimento penale i comportamenti stessi potrebbero costituire, se adeguatamente motivati, una giusta causa o un giustificato motivo, anche prima della sentenza penale.

Nel caso dell’inadempimento giusta causa, e cioè dell’inadempimento che non consente la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto (art. 2119 cc.), il datore, al momento della contestazione, può sospendere in via cautelare il dipendente, preclu­dendogli in tal modo di continuare a svolgere la prestazione in attesa della conclusione del procedimento di contestazione e di discolpa.

Secondo la giurisprudenza il licenziamento disciplinare in contrasto con l’art.7 st.lv. non è nullo, come si afferma per i provvedimenti relativi alle sanzioni conservative, ma è assimilabile al licenziamento ingiustificato per la mancanza di un presupposto essenziale, con conseguente applica­zione del regime reale o del regime obbligatorio a seconda del numero dei dipendenti.

 

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