La tendenza dell’attuale organizzazione imprenditoriale è quella del decentramento o esternalizzazione, per cui l’esercizio diretto è riservato alla sola attività principale (core business), mentre tutte le altre attività vengono date in appalto, comprese quelle destinate a svolgersi nei locali dell’impresa appaltante (cd. Attività intra moenia). La segmentazione dell’organizzazione imprenditoriale comporta, sotto il profilo sociale, l’aumento delle piccole imprese, con riflessi negativi sull’economia, sull’organizzazione sindacale e sulla tutela dei lavoratori. Le forme giuridiche con le quali si attua l’esternalizzazione o decentramento produttivo sono:

  • la somministrazione, con cui l’imprenditore affida ad altri il reclutamento, alla formazione e l’amministrazione della manodopera. In tal modo l’imprenditore si sottrae, in deroga all’ art. 2094 cc, alle responsabilità collegate con l’utilizzazione delle prestazioni lavorative;
  • l’appalto, con cui l’imprenditore affida all’appaltatore l’esercizio di servizi richiesti dalle esigenze aziendali. Il rapporto di lavoro, come anche quello di servizio, s’instaura con l’appaltatore;
  • il trasferimento d’azienda, che si verifica quando l’attività da trasferire, originariamente gestita dall’impresa, viene poi recuperata attraverso un contratto di appalto con il cessionario della parte di azienda trasferita.

 

L’appalto nel d.lgs. 276/03

La disciplina dell’articolo 29 del decreto legislativo in esame precisa, rispetto all’articolo 1655 cc, che nel contratto di appalto, per organizzazione dei mezzi necessari al compimento dell’opera o del servizio oggetto dell’appalto, deve intendersi anche la sola organizzazione della manodopera. Il secondo comma dell’articolo 29 stabilisce che in caso di appalto di servizi, non anche di opere, l’imprenditore committente (che non è datore di lavoro, nonostante l’erronea terminologia della disposizione) è obbligato in solido con l’appaltatore, entro il limite di un anno dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai dipendenti dell’impresa appaltatrice i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti.

La responsabilità solidale del appaltante o committente, non è sottoposta al limite della concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore (ai sensi dell’ art. 1676 cc). Se l’appaltatore svolge un servizio per il quale occorre un’organizzazione di mezzi materiali, e se tali mezzi sono predisposti dall’appaltante, si ha un’ipotesi di appalto illecito o non genuino, che si risolve in un’ipotesi di interposizione illecita, in quanto l’appaltatore si limita a mettere a disposizione dell’ appaltante la manodopera.

 

Il trasferimento d’azienda

L’ art. 32 d. lgs. 276/03 si occupa del trasferimento di parte dell’azienda e di quello dell’intera azienda. Nel caso di aziende con più di 15 dipendenti occorre che sia il cedente che il cessionario ne diano comunicazione, prima di 25 giorni dal perfezionamento dell’atto, alle rappresentanze sindacali unitarie o aziendali e ai sindacati di categoria che abbiano stipulato il contratto collettivo che si applica in azienda.

Le conseguenze dell’inadempimento sono quelle previste dall’art. 28 st. lav. , con esclusione che l’eliminazione degli effetti possa consistere nell’invalidazione del contratto di trasferimento. Tra la disciplina del d. lgs. 276/03 è quella del d.lgs 18/01, c’è una modifica terminologica di “cedente e cessionario” al posto di “alienante ed acquirente”, dovuta al fatto che il trasferimento d’azienda non si identifica con la vendita e prescinde dalla tipologia dei negozi circolatori.

Con la cessione dell’azienda, che comporta il mutamento della titolarità della stessa, i rapporti di lavoro continuano presso il nuovo titolare, con la conservazione dei diritti dei lavoratori; ciò accade in relazione al principio della spersonalizzazione dell’azienda, in base al quale i rapporti di lavoro intercorrono con l’azienda oggettivamente considerata e non con il titolare della stessa.

I rapporti di lavoro passano da un titolare ad un altro automaticamente, senza necessità del consenso del prestatore, non trattandosi di cessione del contratto (ex art. 1406 cc). Il trasferimento d’azienda non è neppure un giustificato motivo di licenziamento, come espressamente dispone l’art. 2112 c.c., ma può configurarsi come giusta causa di dimissioni, con diritto all’indennità di preavviso, se nei tre mesi successivi si verifica una modifica sostanziale, peggiorativa delle condizioni di lavoro, anche attraverso l’applicazione di un contratto nazionale vincolante l’impresa concessionaria, in sostituzione del contratto nazionale dell’impresa cedente.

Mentre sussiste la responsabilità solidale tra cedente e cessionario per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento (con possibilità del prestatore di liberare il cedente mediante la procedura di conciliazione), del trattamento di fine rapporto e responsabile è il solo cessionario, in quanto il relativo diritto matura al momento dell’estinzione del rapporto e quindi dopo il trasferimento.

 

Concetto di azienda

Il d. lgs. 18/01 ha introdotto il concetto di azienda è quello di trasferimento. Superata la concezione commercialistica di “complesso di beni”, il concetto di azienda è stato influenzato dall’idea di “attività economica organizzata” elaborata dagli orientamenti della giurisprudenza della Corte di giustizia europea.

Dunque, nella formulazione dell’articolo 2112 comma 5 (introdotto dal d.lgs. 18/01 e novellato dall’articolo 32 d.lgs. 276/03), per azienda deve intendersi una attività economica organizzata, anche esercitata da non imprenditori, comprese le organizzazioni non profit e le aziende smaterializzate, cioè quelle che non richiedono l’impiego di mezzi materiali, essendo sufficiente l’organizzazione della forza lavoro.

Ma, su quest’ultimo punto vi sono orientamenti contrastanti della giurisprudenza di Cassazione. Secondo l’art. 2112 l’organizzazione dell’attività economica deve preesistere al trasferimento dell’intera azienda e conservare nel trasferimento o la propria identità.

 

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