Lo sciopero rappresenta la piĂą forte arma contrattuale dei lavoratori per esercitare sui datori o le loro associazioni sindacali una pressione per l’accoglimento delle rivendi­cazioni sollevate.

Lo sciopero consiste nell’a­stensione collettiva dal lavoro. L’astensione non può che avvenire nel­l’ambito dei singoli rapporti individuali, non esistendo un rapporto col­lettivo di lavoro; tuttavia all’astensione di ogni singolo lavoratore deve ac­compagnarsi quella degli altri, in considerazione del carattere collettivo.

La quali­ficazione dello sciopero nell’ambito dell’ordinamento intersindacale può essere quella della sanzione che si configura a carico del datore se lo sciopero realizza i suoi obiettivi in quanto il datore stesso è costretto ad accogliere le rivendicazioni dei lavoratori pur; se lo sciopero non riesce la sanzione è a carico dei lavoratori i quali non raggiungono i loro obiettivi pur perdendo le retribuzioni corrispondenti alle ore di astensione dal la­voro.

Nell’ambito dell’or­dinamento dello stato lo sciopero si configura come reato, se viene puni­to penalmente, come libertĂ  se è escluso ogni intervento punitivo da parte dello stato, come diritto quando dall’esercizio del diritto di sciopero deri­va l’esclusione di qualsiasi forma di responsabilitĂ , anche nei confronti del datore di lavoro.

Le qualificazioni in Italia. Nel nostro ordinamento lo sciopero è stato considerato come reato, con punizione della stessa programmazione, dal Codice Sardo, esteso a tutto il territorio nazionale, esclusa la Toscana, a seguito dell’unificazione; con il codice Zanardelli del 1889 lo sciopero fu ammesso purchĂ© non si svolgesse con violenza o minaccia, che tuttavia la magistratura ravvisava in ogni manifestazione di sciopero. Con il sistema corporativo lo sciopero, insieme alla serrata, arma di difesa dei datori fu nuovamente vietato dalla carta corporativa del 1926, poi inserita nel codi­ce Rocco del 1930.

Con la cadu­ta del sistema corporativo, a seguito dei decreti luogot. del 1943 e del 1944, non fu accolta la tesi di abrogare le norme penali contro lo sciopero, ma la tesi non fu accolta.

Con la carta costituzionale del 1948 viene introdotto l’art. 40 che riconosce il diritto di sciopero rinviando alla legge la determinazione dei limiti di e­sercizio. Dopo una prima fase in cui da una parte della dottrina si tentò di escludere l’operativitĂ  della norma in attesa della legge che avrebbe dovu­to individuare i limiti di esercizio, passò la tesi dell’immediata efficacia del riconoscimento del diritto di sciopero, con i limiti di esercizio da indivi­duare mediante il ricorso ai principi generali in attesa dell’emanazione della legge.

 

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