Alla base della proposizione di cui si discute vi è la pretesa di veder riconosciuta “la precedenza sostanziale della persona umana rispetto allo stato e la definizione di questo al servizio di quella”. È pur sempre ai sensi dell’ordinamento giuridico italiano che si deve stabilire in che cosa consistevano i vari diritti inviolabili e quali siano dunque le corrispettive garanzie, a cominciare da quella che fa capo alla corte costituzionale: il che comporta che i diritti stessi “si risolvono integralmente nel diritto positivo”.

Appare incontrovertibile, comunque, che l’art. 2 Cost. concorre in tal modo a definire la stessa forma di stato, ponendo a base di essa, oltre al principio democratico, il principio personalista ovvero quello che altri denomina principio liberale. I “diritti inviolabili dell’uomo” non sono pertanto concepibili come il frutto di un’autolimitazione dello stato repubblicano, ma rappresentano un dato congenito dell’ordinamento statale vigente.

Ne segue che l’inviolabilità dei diritti non si risolve nell’imprescrittibilità, nell’inalienabilità, nell’indisponibilità di tali situazioni ma implica altresì la loro intangibilità ad opera di qualsivoglia pubblico potere, comunque esplicato. Più precisamente, bisogna a questa stregua ritenere che tali diritti non si prestino ad essere soppressi: giacché ne verrebbe alterato il nucleo essenziale della vigente forma di stato. 

Rispetto ai diritti pubblici soggettivi, i “diritti inviolabili” divergono perché spettano agli uomini in genere e non solamente ai cittadini. Vero è che l’opinione dottrinale ha tratto argomento dall’intitolazione della parte prima della carta costituzionale, riferita ai soli “diritti e doveri dei cittadini”; ed ha messo in luce come “la condizione giuridica della straniero” venga “regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”.

Ma in linea di principio può dirsi abbastanza pacifico che sia connaturale a vari diritti di libertà la loro appartenenza ad ogni essere umano sottoposto al nostro ordinamento, anche se la costituzione non chiarisce testualmente quali siano i loro titolari. Ed anzi si può riscontrare che almeno una delle situazioni attive costituzionalmente garantite riguarda in modo specifico i soli stranieri: vale a dire il diritto di asilo.

D’altro canto, la cerchia dei soggetti cui sono riferiti i “diritti inviolabili” è ulteriormente allargata da quel passo dell’art. 2 Cost. in cui si ragiona delle formazioni sociali: fondamentalmente intese quali “comunità intermedie” fra singoli e la repubblica. Accanto al principio personalista emerge in tal modo il principio pluralista, assai variamente concretato da una serie di successivi disposti costituzionali. Sempre di regola, infine, dovrebbe dirsi che i “diritti inviolabili” non possono spettare alle formazioni sociali se non mediatamente; giacché i loro titolari immediati dei diritti stessi sarebbero pur sempre le sole persone fisiche.

 

 

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