L’articolo 121 comma 2, della costituzione, attribuisce il potere di iniziativa legislativa alle regioni senza fissare alcun limite al riguardo limitandosi a specificare che il relativo esercizio spetta al consiglio regionale. La citata norma costituzionale è di immediata applicazione da ciò consegue che ciascuna regione, può in concreto esercitare l’iniziativa legislativa.

Gli statuti di alcune regioni ad autonomia speciale limitano l’iniziativa delle suddette regioni alla materia di particolare interesse per la regione. Viene da chiedersi a questo punto se debba ritenersi esteso tale limite anche a tutte le altre regioni, siano esse ad autonomia ordinaria o speciale.

Riguardo al rapporto tra regioni a statuto ordinario e speciale, queste ultime hanno maggior autonomia rispetto alle seconde. Sarebbe del tutto contraddittorio nei confronti di tali principi ritenere che la situazione si ribalti a proposito di uno solo dei poteri nei quali si realizza l’autonomia regionale, il potere di iniziativa legislativa. La necessità di evitare tale contraddizione consiglia pertanto di accettare la soluzione secondo cui anche tutte le regioni a statuto ordinario possono esercitare l’iniziativa legislativa soltanto su materie di particolare interesse della regione.

Le proposte di leggi regionali devono essere approvato dal consiglio regionale, successivamente presentate dal presidente della giunta al ramo del Parlamento indicato dal consiglio nella sua deliberazione, o in mancanza scelto dallo stesso presidente della giunta.

Tale procedura ha subito una deroga, in quanto i progetti di legge approvati dal consiglio regionale vengono inviati dal presidente della giunta regionale al governo, affinché questi provveda alla presentazione del progetto

Articolo 133, comma 1 della costituzione, stabilisce che il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l’istituzione di nuove province, avviene “su iniziativa dei comuni”. Si pone proprio il problema dell’espressione “su iniziativa dei comuni”, trattandosi di stabilire se con tali espressioni i costituenti avessero voluto attribuire ai comuni un potere di iniziativa legislativa in senso proprio o un semplice potere di richiesta, come condizione per l’esercizio di atti di iniziativa da parte di altri soggetti.

La chiave per la soluzione è rintracciabile nello stesso testo al comma 1 dell’articolo 133, quest’ultimo se viene assunto per via ipotetica come vero, porta a considerare la precedente espressione, come potere riservato ad un soggetto specifico, i comuni. Si potrà giungere alla conclusione che si riconosce a queste ultime un potere riservato; le camere non potrebbero approvare una legge per il mutamento di una circoscrizione senza l’intervento preliminare della maggioranza dei comuni interessati.

Se il comma 1 attribuisce un potere di iniziativa legislativa, questo riferendosi esclusivamente ai comuni dovrà essere necessariamente un potere di iniziativa legislativa riservato. Se però si riesce a dimostrare che altri soggetti diversi dai comuni possono presentare proposte di legge, sarà facile dedurre che non soltanto non si tratta di un caso di iniziativa riservata, ma anche che non si tratta di un caso di attribuzione del potere di iniziativa legislativa.

Nella prassi parlamentare infatti ormai non si consolidata l’ammissibilità di atti di iniziativa legislativa, per l’istituzione di nuove province, e proposte da soggetti diversi dai comuni. Questo è anche riscontrabile nel lavoro al riguardo svolto dalla corte costituzionale.

È pertanto da ritenere che l’articolo 133, comma 1, attribuisca ai comuni non un potere di iniziativa legislativa bensì un potere di semplice richiesta, il cui esercizio è stato considerato alla stregua di una condizione necessaria talvolta per l’assegnazione alle competenti commissioni delle proposte.

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