L’elezione del Presidente della Repubblica

Il sistema di elezione del Presidente della Repubblica è disciplinato in modo da garantirne il più possibile l’imparzialità: ai sensi dell’art. 83 Cost. è eletto da un organo collegiale costituito dal parlamento in seduta comune e da tre delegati per ogni regione (la Valle d’Aosta 1) designati dal consiglio regionale. L’elezione si ha con scrutinio segreto a maggioranza di 2/3  nei primi tre scrutini e a maggioranza assoluta nei successivi.

L’art. 84 Cost. dispone i requisiti per essere eletti : cittadinanza italiana, 50 anni di età, godimento dei diritti civile e politici, con incompatibilità con qualsiasi altra carica ed è sancita riserva di legge per determinare l’assegno e la dotazione di cui gode .

La durata della carica ex art. 85 Cost. è di sette anni decorrente dal giuramento.

Trenta giorni prima che scada il termine di durata, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali per eleggere il nuovo Capo dello Stato. Se le camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione l’elezione ha luogo entro 15 gg. dalla riunione delle nuove e nel frattempo sono prorogati i poteri del presidente in carica.

Una maggioranza così estesa, richiesta per l’elezione, è evidentemente giustificata dal fatto che il Presidente deve essere espressione non di una maggioranza, ma dell’intero Parlamento a garanzia dell’imparzialità, mentre la durata più lunga rispetto al parlamento ha ratio nel fatto che così l’eventuale rielezione non avviene grazie allo stesso Parlamento nei confronti del quale il Presidente sarà più facilmente obiettivo.

Alle dipendenze esclusive del Presidente è posta una struttura amministrativa, chiamata Segretariato generale della Presidenza della Repubblica.

La cessazione dalla carica presidenziale avviene per:

conclusione del mandato;

morte;

impedimento permanente;

dimissioni;

decadenza per effetto della perdita di uno dei requisiti di eleggibilità

destituzione, disposta per effetto alla sentenza di condanna pronunciata dalla Corte costituzionale per i reati di alto tradimento e di attentato alla Costituzione.

Nei casi di dimissioni, scadenza naturale del mandato, impedimento permanente, il Presidente della Repubblica diviene di diritto senatore a vita, a meno che non vi rinunci (art.59.1).

 

La controfirma ministeriale

La Costituzione stabilisce che “nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non controfirmato dai Ministri proponenti che ne assumono la responsabilità” ed aggiunge che “gli atti che hanno valore legislativo e gli altri atti indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri” (art.89).

La controfirma è,quindi, la firma apposta da un membro del Governo sull’atto adottato e sottoscritto dal Presidente della Repubblica; essa è requisito di validità dell’atto e la sua apposizione rende irresponsabile il Presidente per l’atto adottato, trasferendo la relativa responsabilità in capo al Governo.

La controfirma garantisce, dunque, l’irresponsabilità del Capo dello Stato. Ma nel sistema costituzionale italiano, essa adempie a delle funzioni ulteriori. Infatti vi sono atti che formalmente sono adottati dal Capo di Stato, anche se il loro contenuto è deciso dal Governo (atti formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi) e la controfirma ha funzione di vigilanza sul rispetto da parte del Governo di fondamentali principi costituzionali; a questi si contrappongono atti che non solo sono adottati dal Presidente, ma i cui contenuti sono decisi dallo stesso Presidente (atti formalmente e sostanzialmente presidenziali) e la controfirma del ministro competente serve,oltre che a rendere irresponsabile il Presidente, ad evitare che quest’ultimo eserciti i suoi poteri per imporre un proprio indirizzo politico. A queste due categorie di atti presidenziali, di regola se ne aggiunge una terza costituita dagli atti complessi, il cui contenuto è deciso dall’accordo tra Presidente della Repubblica e Governo.

La controfirma riguarda tutti gli atti presidenziali, tranne che per quelli personalissimi (le dimissioni) e l’organo del Governo che controfirma è il “ministro proponente”.

 

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