Il Presidente della Repubblica (capo dello Stato) è un organo neutrale, con il compito principale di controllare il rapporto tra Parlamento e Governo, e al contempo stabile, ovvero tale da non poter essere rovesciato, al pari del corpo elettorale, ma con la differenza che il Presidente conduce un’attività continuativa e costante, essendo titolare di poteri effettivi che permettono un controllo su tutti gli organi di vertice.

Perché i suoi atti siano validi, tuttavia, è necessario che siano controfirmati dai ministri proponenti che ne assumono direttamente la responsabilità, in nessun modo attribuibile al Capo dello Stato (istituto di irresponsabilità) (art. 89). L’istituto della controfirma, che trasferisce al governo gli atti che il capo dello Stato pone in essere, ha subito comunque una modifica nel nostro ordinamento, venendo ad assicurare un controllo reciproco tra Presidente della Repubblica e governo:

  • se l’atto nasce dalla volontà del Presidente della Repubblica il Governo, controfirmandolo, ne controlla la legittimità.
  • se l’atto nasce dalla volontà del Governo il Presidente della Repubblica opera un controllo firmandolo.

L’elezione del Presidente della Repubblica è affidata al Parlamento che però, questione lungamente discussa dalla Costituente, deve avere un minimo ampliamento , ovvero essere affiancato da tre delegati per ogni regione, eletti dai consigli regionali, in modo da rappresentare anche le minoranze (art. 83 co. 1 – 2) . Questa scelta è volta a far sì che, rispetto a una semplice maggioranza parlamentare, il Presidente riceva un’investitura più ampia, elemento che ne rafforza la posizione. La sua elezione inoltre deve avere luogo a scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’Assemblea nei primi tre scrutini, ed a maggioranza assoluta dal quarto in poi (art. 83 co. 3). Il quorum richiesto, con il nuovo sistema maggioritario, può essere raggiunto con i soli voti della maggioranza, cosa che, diminuendo il consenso, non permetterebbe al Presidente di porsi al di sopra delle parti, super partes.

La legislatura dura sette anni, ma trenta giorni prima della scadenza del mandato il Presidente della Camera convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali per eleggere il nuovo Presidente che, in alcuni casi, entra subito in carica in seguito alle dimissioni del Presidente in carica. Nel caso in cui le Camere siano sciolte o manchino meno di tre mesi alla loro cessazione, il potere del Presidente in carica viene prorogato (unico caso di prorogatio del suo mandato) e l’elezione del suo successore ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle nuove Camere (art. 85), eccezione questa introdotta principalmente per fare in modo che il Presidente sia eletto da un collegio pienamente legittimato.

I requisiti per essere eletto Presidente della Repubblica sono (art. 84):

  • aver compiuto cinquanta anni.
  • essere titolari di diritti civili e politici.
  • non essere titolari di altre cariche (incompatibilità).

L’art. 91 dispone che il Presidente presti giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune. La sanzione per l’inosservanza di tale giuramento è contenuta nell’art. 90 che rende il capo dello Stato penalmente responsabile, appunto, per alto tradimento e per attentato alla Costituzione, casi nei quali viene messo in stato di accusa dal Parlamento e successivamente giudicato dalla Corte costituzionale.

Il Presidente della Repubblica gode di speciali guarentigie, sia personali che penali, ma in ogni caso il suo operato politico può essere liberamente discusso e criticato durante e dopo il settenato. La sua indipendenza economica viene garantita da un assegno annuo e da una dotazione, per la cui fissazione si rimanda alla legge (art. 84 co. 3), mentre la per la sua protezione e sicurezza è competente il Ministero dell’interno, che opera mediante un prefetto sovrintendente ai servizi di sicurezza.

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