Per ovvie ragioni, fra gli atti esenti da controfirma rientrano anzitutto quelli personali, che il presidente della repubblica compie come soggetto privato e non come titolare dell’ufficio in questione. In particolar modo si discute in dottrina se fra gli atti personali se debbano includere le dimissioni, come pure le dichiarazioni di un impedimento permanente; o se in questi casi sia necessaria la controfirma del presidente del consiglio. Ma la prima opinione sembra preferibile; sicché la controfirma non aggiungerebbe nella alla delibera scelta già fatta dall’interessato.

Un altro caso in cui la natura dell’atto esclude la controfirma ministeriale è quello dei messaggi orali; mentre per i messaggi scritti non vi sarebbe ragione di sottrarli alla regola che l’art. 89 pone per la generalità degli atti presidenziali. L’esercizio di questo generico “potere di esternazione” non è disciplinato che da regole convenzionali. Un caso ulteriore è poi rappresentato dagli atti orali di conferimento dell’incarico. Ed ancora si aggiungono i regolamenti presidenziali, che attengono all’organizzazione ed al personale della presidenza della repubblica: in ordine ai quali la legge n. 1077 prevede l’esenzione dalla controfirma.

Infine un quarto gruppo di atti che si sottraggono alla controfirma consiste in quelli che il capo dello stato pone in essere come componente di organi collegiali costituzionalmente previsti, quali il consiglio supremo di difesa ed il consiglio superiore della magistratura. Nessun dubbio che per forza di cose non siano controfirmabili. Viceversa è discutibile se conclusioni analoghe valgano anche per quegli atti che il capo dello stato adotta a titolo individuale, quale presidente del consiglio supremo o del consiglio superiore: per esempio, allo scopo di convocarne le sedute oppure di esternarne ufficialmente le deliberazioni. E qui il diritto costituzionale positivo richiede che vengano introdotte ulteriori distinzioni.

La legge non prescrive nulla in ordine alla forma degli atti con i quali il presidente assicura la costituzione ed il funzionamento del collegio. In proposito si possono astrattamente produrre due contrarie interpretazioni: primo, che tali atti non debbano e non possano venir controfirmati, in quanto non sarebbero propriamente imputabili al capo dello stato, ma verrebbero compiuti dal titolare di un organo giuridicamente diverso, costituito dal presidente del consiglio superiore; secondo, che per costituzione i due uffici si confondano in uno. La prima interpretazione va preferita senz’altro. Ora, risulta abbastanza evidente che gli atti compiuti in tal senso dal vicepresidente non vanno sottoposti ad alcuna controfirma ministeriale. Né giova replicare che l’obbligo della controfirma sussisterebbe comunque per gli atti presidenziali determinativi delle deleghe in questione.

Fra quelli imputabili al presidente della repubblica figurano poi vari atti giuridicamente dovuti: vale a dire tali che in date circostanze essi devono essere emessi con dati contenuti, per cui non si può concepire la loro controfirma alla stregua di una libera e responsabile proposta del ministro competente.

In ultima analisi, quegli atti adottati su proposta del controfirmante non rappresentano che una fra le varie categorie degli atti presidenziali. E la circostanza che quella ministeriale non figuri mai come una proposta vincolante non vale a smentire che tutti questi atti vengano predeterminati dal consiglio dei ministri o dai singoli ministri competenti.

Proprio a questa stregua ci si deve chiedere quale possa essere la funzione della firma che il presidente della repubblica deve pur sempre apporre a questi atti. Certo è soltanto che il presidente della repubblica non potrebbe bloccare le proposte ministeriali per ragioni di merito politico, dal momento che il potere di indirizzo rimane in tal campo di piena competenza del governo.

Per converso, il controllo presidenziale dovrebbe invece svolgersi sul piano della legittimità dell’atto, implicando il rifiuto di emettere quei decreti il cui contenuto contrasti con la costituzione o con le leggi vigenti in materia. Ma sotto questo profilo si riscontra che il presidente non suole approfondire il proprio esame: tanto che si può ben dire che il vero controllo preventivo di legittimità non viene esercitato dal capo dello stato ma dalla corte dei conti.

Conviene ricordare che nel nostro ordinamento si dà per lo meno un caso tipico, nel quale la proposta governativa ed il conseguente controllo presidenziale sono evidenziati e formalmente dissociati. Il caso è quello dei disegni di legge deliberati dal consiglio dei ministri, in ordine ai quali il presidente della repubblica adotta ed emana appositi decreti che ne autorizzano la presentazione alle camere. Il riscontro del capo dello stato non coinvolge di certo tutti i possibili vizi di legittimità delle proposte governative.

 

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