Gli atti formalmente e sostanzialmente presidenziali sono i seguenti:

Gli atti di nomina, cioè gli atti con i quali il Presidente della Repubblica nomina i 5 senatori a vita (art.59.2 Cost.) e 1/3 dei giudici costituzionali (art.135.1 Cost.).

Il rinvio delle leggi.Il P. della R. con un messaggio motivato, che deve contenere l’indicazione dei motivi del rinvio medesimo, può rinviare una legge alle Camere per una nuova deliberazione.

I messaggi presidenziali. Il P. della R. può inviare messaggi “liberi” alle Camere (messaggi non vincolato rispetto al contenuto), ex art.87. L’invio del messaggio non necessariamente promuove un dibattito.

Le esternazioni atipiche: sono tutte quelle manifestazioni del pensiero presidenziale i cui destinatari sono in genere la pubblica opinione o il popolo. Sono riconducibili alle esternazioni atipiche presidenziali i “messaggi alla nazione, i discorsi pubblici, le lettere ufficiali, le interviste, le conferenze stampa e in generale le altre manifestazioni di pensiero presidenziale che, per loro natura, si sottraggono alla controfirma ministeriale.

La convocazione straordinaria delle Camere (art. 62 Cost.), che è diretta a garantire il funzionamento delle istituzioni costituzionali contro eventuali prevaricazioni della maggioranza.

 

La soluzione delle crisi: lo scioglimento anticipato del Parlamento

I dati costituzionali e il sistema politico

Quanto al potere di scioglimento anticipato del Parlamento, se ci limitiamo a leggere la disposizione costituzionale sullo scioglimento anticipato (art. 88), vediamo che:

a) il Capo dello Stato può sciogliere entrambe le Camere o anche una sola di esse;

b) prima di sciogliere le Camere deve sentire i loro Presidenti, che esprimono perciò un parere al riguardo, ritenuto unanimemente obbligatorio ma non vincolante;

c) il suddetto potere non può essere esercitato negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura (si parla a proposito di semestre bianco).

La dottrina costituzionalista si è divisa fra i fautori di tre teorie, secondo le quali il potere di scioglimento sarebbe rispettivamente, un potere esclusivamente previdenziale (tesi avvalorata dalla previsione del “semestre bianco”); un potere esclusivamente governativo (se si pensa all’esistenza dell’istituto della controfirma); o un “atto complesso”, alla cui formazione partecipano egualmente il Capo dello Stato ed il Governo (c’è chi ha parlato di “atto duumvirale”).

Se, in astratto, sono ammissibili tutte e tre le “letture” della disposizione costituzionale , si deve riconoscere che, nel parlamentarismo maggioritario, la decisione sostanziale di sciogliere anticipatamente il Parlamento si è spostata, di fatto e talora anche di diritto, in capo al Governo.

 

L’esperienza italiana

Il fatto che la forma di governo italiana abbia per lungo tempo operato secondo moduli funzionali diversi da quelli del parlamentarismo maggioritario, spiega perchĂ© lo scioglimento generalmente è stato considerato un “atto complesso” in cui, data la presenza di coalizioni post-elettorali, con frequenti crisi di governo e formazioni di nuovi Governi e talora di nuove coalizioni, il Capo dello Stato svolgeva la funzione di intermediazione politica, cercando di fare coagulare una coalizione capace di esprimere il Governo. Se ogni tentativo, però, falliva, l’unica via che restava era lo scioglimento anticipato del Parlamento.

Tutto ciò spiega perchĂ© lo scioglimento anticipato è stato configurato come una sorta di extrema ratio: solo se il Parlamento non è in grado di esprimere nessuna maggioranza e nessun Governo si procede allo scioglimento. Per questa ragione, la dottrina costituzionalistica, quando ha determinato i presupposti dello scioglimento li ha individuati nell’impossibilitĂ  del Parlamento di funzionare correttamente in quanto incapace di formare una maggioranza di qualsiasi tipo. Lo scioglimento anticipato dovuto a tale causa è stato chiamato scioglimento funzionale. In questa ipotesi, il decreto presidenziale di scioglimento nella sostanza “certifica” la volontĂ  delle forze politiche di porre anticipatamente fine alla legislatura.

Discorso parzialmente diverso deve farsi per lo scioglimento del 1994, disposto dal Presidente Scalfaro dopo il referendum elettorale del 1993 e l’approvazione della legge elettorale maggioritaria, in un contesto caratterizzato da una grave crisi di legittimitĂ  dei partiti politici e della aspirazione diffusa nella societĂ  ad un profondo cambiamento della politica e delle istituzioni. In questo caso, non c’era stata una crisi di Governo ed il Governo conservava il sostegno parlamentare; eppure il Capo dello Stato sciolse anticipatamente il Parlamento e, in una lettera indirizzata ai Presidenti delle due Camere, motivò lo scioglimento con i risultati del referendum elettorale del 1993, che esprimevano l’esigenza del popolo italiano di avere, non solo una riforma elettorale, ma anche un “Parlamento nuovo”.

In una situazione di gravissima crisi di legittimitĂ  dei partiti, si è aggiunta una nuova causa di scioglimento e una lettura piĂą “presidenzialista” del relativo potere. Il Capo dello Stato, però, scioglie in accordo con il Governo, della cui controfirma ha bisogno. La Costituzione ha escluso la possibilitĂ  di uno scioglimento unilateralmente deciso dal Capo dello Stato, anche contro la maggioranza ed il suo Governo.

Ma la ricostruzione dello scioglimento come “atto complesso” e l’individuazione dei suoi presupposti nell’impossibilitĂ  del Parlamento di esprimere una qualsiasi maggioranza presupponevano un certo assetto della forma di governo, imperniato su sistema elettorale proporzionale e formazione post-elettorale della coalizione. Ma se gli assetti cambiano per effetto di un sistema elettorale pur solo in parte maggioritario, si pongono le premesse per una possibile diversa configurazione dello scioglimento anticipato. Coerentemente con i moduli funzionali del parlamentarismo maggioritario, se in Parlamento la coalizione scelta dal corpo elettorale entra in crisi, non si può escludere che il Governo proponga il decreto di scioglimento ed il Capo dello Stato lo firmi (o scioglimento per crisi della maggioranza).

 

Dopo lo scioglimento: l’ordinaria amministrazione

Una volta che è deciso lo scioglimento anticipato del Parlamento, a seguito di una crisi di Governo, una volta appurata l’impossibilitĂ  di soluzione della crisi, il decreto di scioglimento è controfirmato dal Governo dimissionario, che resta in carica per “l’ordinaria amministrazione”. Assai discutibile, invece, è stata, nel 1972, la nomina di un Governo privo di sostegno parlamentare, che ha controfirmato il decreto di scioglimento: in quanto così facendo si potrebbe aprire la via ad un’appropriazione presidenziale del potere da usare contro il Parlamento (il Presidente nomina un Governo in partenza minoritario per ottenere la controfirma dello scioglimento anticipato).

 

Lascia un commento