Rispetto al modello configurato nell’art. 76 Cost., si danno conferimenti di potero legislativi a favore del governo, che in vario modo divergono dal tipico rapporto di delegazione. Il primo caso da mettere in rilievo è quello dei testi unici, cioè degli atti miranti a raccogliere e riformulare una pluralità di disposizioni legislative.

Nondimeno, era ed è pacifico che si tratti di decreti aventi forza di legge, se non altro per ciò che riguarda i cosiddetti testi unici di coordinamento, mediante i quali l’esecutivo è chiamato ad armonizzare le leggi vigenti in un determinato capo: se così non fosse, tali atti non potrebbero perseguire il loro fine, cioè non sarebbero in grado di modificare il alcun modo la legislazione preesistente.

Per contro, quanto mai dibattuto è il caso dei testi unici di mera compilazione, che si risolvono nella riproduzione delle disposizioni vigenti, senza che il governo sia dotato di alcun potere di emendamento. In dottrina si afferma che anche questi atti avrebbero natura di leggi delegate. In giurisprudenza si suole invece negare che i decreti stessi abbiano forza di legge. Ma un’antica opinione dottrinale, tuttora ripresa da qualche costituzionalista, è nel senso che tali testi prescrivano una sorta di “interpretazione amministrativa”, vincolante per le pubbliche amministrazioni in quanto proveniente dal governo.

In base all’art. 78 Cost., “le camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al governo i poteri necessari”. Ed è diffusa in dottrina la tesi che tale conferimento si risolva in una delega, sia pure differenziata dalla fattispecie dell’art.76.

È certo pensabile che la legge di conferimento dei “poteri necessari” prestabilisca un termine, coincidente con la fine delle operazioni militari, se non addirittura con la ratifica del trattato di pace; ma un tanto non può dirsi indispensabile, giacché la cessazione dello Stato di guerra, agli effetti dell’esercizio dei detti poteri, dipenderebbe altrimenti da una formale delibera parlamentare di ritorno allo stato di pace.

Di più: nell’attuale dottrina predomina la tesi che l’art. 78 consenta la parlamento ed allo stesso governo di derogare alla costituzione senza ricorrere a revisioni costituzionali, soprattutto nel senso di sospendere talune libertà fondamentali come quella personale o come quella di pensiero e di stampa. È certo che lo stato di guerra si discosta fortemente dal normale regime che la costituzione configura per il tempo di pace. Sia perché in tal caso è ammessa la pena di morte; sia perché può essere eccezionalmente prorogata la durata di ciascuna Camera; sia perché si estende la giurisdizione spettante ai tribunali di guerra.

Nettamente diversificato dai rapporti instaurabili fra il parlamento ed il governo era anche il caso dell’amnistia e dell’indulto, che sono concessi dal Presidente della repubblica su legge di delegazione delle camere. In primo luogo, era peculiare che l’oggetto o gli oggetti della delega venissero qui definiti dalla costituzione stessa. In secondo luogo, risultava ancor più caratteristica la natura necessaria della delega in questione. Ma i problemi ricostruttivi, generati da quella singolare previsione costituzionale, sono stati superati dal nuovo testo dell’art. 79 che ha riservato alle leggi formali l’intero potere in questione.

Alle leggi delegate sono altresì avvicinati i decreti legislativi di attuazione degli statuti speciali. Ma la corte costituzionale ha giustamente escluso che in tal caso si abbia una delega legislativa. Del resto è solo nello statuto per il Trentino-Alto Adige che si è stabilito un termine entro il quale il governo avrebbe dovuto completare l’emanazione dei relativi decreti; ma il termine è stato ritenuto ordinatorio, e non perentorio, da parte della corte costituzionale, con la conseguenza che le norme di attuazione continuano ad essere validamente prodotte, specie per quanto riguarda la provincia di Bolzano.

Quella disposta dagli statuti speciali è dunque un’attribuzione istituzionale di competenza, avente ad oggetto il passaggio degli uffici e del personale statale alla regione. Non a caso, tutti gli statuti in questione esigono che le delibere governative siano precedute dalle proposte o dai pareri di altrettante commissioni paritetiche, composte da rappresentanti dello stato o della regione interessata: il che spiega come tali atti siano stati collocati anche nel quadro delle fonti normative rinforzate.

 

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