L’ipotesi più ovvia e più sicura d’impedimento presidenziale è quella di una grave malattia, che può configurare tanto una causa di temporanea quanto una causa permanente d’impossibilità di esercitare le relative funzioni.

Altra è la natura di ipotesi sul tipo di un viaggio o di una permanenza all’estero; sicché l’impedimento non è qui totale, ma consente o richiede addirittura che le funzioni medesime siano bipartite, venendo affidate al supplente in quella sola parte che vada esercitata nella capitale o comunque all’interno dei confini nazionali. Ci si chiede, ancora, se la figura dell’impedimento possa essere estesa a tal punto da comprendervi un grave scandalo. Ma il problema non può essere correttamente impostato, se non si considera cosa stabiliscono le norme costituzionali per responsabilità penali del capo dello stato.

L’art. 90 Cost. dispone in proposito che il “presidente della repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla costituzione”. Ne segue che i procedimenti penali comune non concretano una nuova causa d’impedimento presidenziale. Per meglio dire, se dal procedimento derivasse una condanna comportante l’interdizione dai pubblici uffici, il presidente dovrebbe ritenersi decaduto; mentre in ogni altro caso del genere non si produrrebbero impedimenti di sorta.

Ma giova aggiungere che, in tutte queste situazioni, la valvola di sicurezza è rappresentata dalla volontarie dimissioni: alle quali il presidente può sempre ricorrere. Meno complesso è il problema relativo alla durata massima dell’impedimento temporaneo: gli impedimenti temporanei devono essere considerati in relazione alla loro durata che comunque dipende dalla valutazione degli organi interessati, con riferimento alla gravità della causa impeditivi, alla possibilità che essa venga meno o si protragga indefinitivamente, alla stessa data di scadenza del settennato presidenziale in corso. S’intende in tal modo che il problema non è ancora compiutamente risolto: perché resta da vedere a quale organo spetti il potere di accertamento.

Indiscutibile è il coinvolgimento del governo. Ma non è meno evidente che il governo deve ottenere a tal fine il consenso del presidente del senato. Un simile quadro si presta a generare l’impressione che l’accertamento degli impedimenti presidenziali costituisca l’oggetto di una disciplina quanto mai confusa ed incerta. Ma è più giusto concludere che l’accertamento stesso rappresenta il frutto di un procedimento a struttura variabile, nel quale vari organi statali di vertice possono inserirsi sulla base di regole convenzionali, volta per volta stipulabili d’intesa fra i loro titolari.

Quanto infine ai poteri del supplente la dottrina si presenta nuovamente divisa: per costituzione il supplente dovrebbe esercitare tutte le funzioni che in quelle circostanze risultassero validamente esplicabili da un vero e proprio presidente della repubblica. Ed anzi vi è che ritiene che sia dato al supplente di procedere persino allo scioglimento anticipato delle camere.

 

 

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