Il sistema giudiziario italiano si caratterizza per la contestuale presenza di più giurisdizioni: sono istituiti i giudici ordinari, i giudici amministrativi, i giudici contabili, i giudici tributari e i giudici militari. Le loro competenze sono stabilite dalla legge.

I giudici ordinari amministrano la giustizia civile e penale attraverso organi giudicanti e requirenti. Gli organi giudicanti civili si dividono in organi di primo grado (giudice di pace e tribunale) e di secondo grado (corte d’appello); le decisioni del giudice di pace si possono impugnare in appello dinanzi al tribunale; le decisioni assunte dal tribunale in primo grado possono essere impugnate presso la corte d’appello.

Anche tra gli organi giudicanti penali vi sono organi di primo grado (il giudice di pace, il tribunale, il tribunale dei minorenni, la corte d’assise) e organi di secondo grado (la corte d’appello, la corte d’assise d’appello, il tribunale della libertà).

Gli organi requirenti sono i Pubblici ministeri che esercitano l’azione penale e agiscono nel processo a cura di interessi pubblici. Perciò, il Pubblico ministero (PM) attiva la giurisdizione penale per l’accertamento di eventuali reati e la condanna dei loro autori. Inoltre agisce anche nel processo civile, nei casi stabiliti dalla legge a tutela di interessi pubblici.

Obbligo dell’azione penale significa che il PM non può scegliere discrezionalmente se avviare o meno in relazione al tipo di reato, ma è tenuto a intraprendere la sua azione sempre e comunque in presenza di una notizia criminis: tutto ciò per garantire l’imparzialità.

Gli uffici del PM si rinvengono presso i tribunali, presso la corte d’appello e presso la Corte di Cassazione (quest’ultima si configura come giudice di legittimità, cioè competente a conoscere le sole violazioni di legge; inoltre risolve i conflitti di competenza tra giudici ordinari e tra giudice ordinario e giudice speciale). Presso quest’ultima è istituita anche la Direzione nazionale antimafia con compiti di coordinamento delle indagini sulla criminalità organizzata e le Direzioni distrettuali antimafia posti nei capoluoghi dei distretti giudiziari. Non va confusa con queste strutture la Direzione investigativa antimafia che, istituita presso il ministero dell’interno, ha compiti preventivi d’investigazione relative alla criminalità organizzata.

Il termine “giudice amministrativo” si riferisce al sistema formato dai Tribunali amministrativi regionali (TAR) quali giudici di primo grado che hanno circoscrizione regionale e sede nel capoluogo, e dal Consiglio di Stato quale giudice di appello (art.100.1 e art.125.2). Al giudice ordinario spettano le controversie in materia di diritti soggettivi, al giudice amministrativo quelle in materia di interessi legittimi.

La Corte dei Conti: è un organo di controllo che svolge importanti funzioni come giudice. Essa ha giurisdizione nelle materia di contabilità pubblica e nelle materie specificate dalla legge (art.103 co.2).

I giudici tributari o Commissioni tributarie: si occupano delle controversie riguardanti i tributi e sono ordinate su due gradi di giurisdizione (provinciale e regionale). Contro le decisioni di appello della Commissione regionale può essere fatto ricorso alla Corte di Cassazione per motivi di diritto.

Tribunali militari: in tempo di pace hanno giurisdizione per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate (art.103.3); in tempo di guerra la sua giurisdizione è più ampia. Il testo originario dell’art. 27 Cost., dopo aver stabilito che «Non è ammessa la pena di morte», continuava con le parole «se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra». La legge cost.n. 1/2007 ha abrogato questa parte dell’articolo, cosicché oggi in base alla Costituzione la pena di morte è sempre vietata; va ricordato però che il testo costituzionale non imponeva la pena di morte in caso di guerra, ma la consentiva se così avesse disposto la legge; in base a questa autorizzazione la pena di morte con legge ordinaria (1. 589/94) era già stata abolita da anni; la differenza sta nel fatto che oggi la legge ordinaria non potrebbe più ristabilirla, ma ci vorrebbe una legge costituzionale, in applicazione del principio di gerarchia tra le fonti.

Principi costituzionali in materia di giurisdizione

Il giudice naturale precostituito per legge e le garanzie del processo

Art. 25: “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”, ovvero non è possibile istituire giudici speciali per casi specifici. Nessuno può essere punito in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso (irretroattività). Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge (principio della precostituzione del giudice o del giudice naturale).

L’art. 113 Cost. stabilisce che “contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale” che non può essere esclusa o limitata.

L’art. 24 (2° comma) dichiara la “difesa un diritto inviolabile” in ogni stato e grado del procedimento. Deve essere affidata ad un avvocato abilitato, la Cost. richiede che siano assicurati ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi (uguaglianza sostanziale art 3 comma 2). L’art. 24 (4° comma) affida alla legge il compito di determinare le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

L’art. 111 Cost. contiene i principi del “giusto processo”, che si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale.

Autonomia, inamovibilità e indipendenza

  1. Il principio della sottomissione del magistrato solo alla legge (art. 101 Cost.)
  2. Il principi della inamovibilità del magistrato (significa che i magistrati senza il loro consenso non possono essere trasferiti ad una sede diversa da quella che occupano) ex art. 107 Cost.
  3. Il principio della indipendenza del pubblico ministero (art. 107 e 108 Cost.)

 

L’accesso alla magistratura

La Costituzione, in continuità con l’esperienza prerepubblicana, stabilisce che la nomina a magistrato debba avvenire per concorso (art. 106.1 Cost.)

Eccezioni a tale regola:

– possono essere nominati consiglieri di cassazione, per meriti insigni, anche i professori ordinari di università in materie giuridiche o gli avvocati che abbiano svolto la loro professione per quindici anni e siano iscritti negli albi professionali della magistrature superiori (art. 106.1 Cost);

– possono diventare giudici di pace i cittadini italiani che presentino alcuni requisiti e che siano “capaci di assolvere degnamente, per indipendenza e prestigio acquisito e per esperienza giuridica e culturale maturata, le funzioni di magistrato onorario” (art. 5.4 della legge 374/1991). Il giudice di pace è un magistrato onorario appartenente all’ordine giudiziario.

In linea di massima, colui che aspiri a diventare un magistrato, deve superare un concorso a cui consegue la nomina ad uditore giudiziario. A seguito di una serie di interventi del legislatore, la carriera dei magistrati ordinari si svolge automaticamente ed è possibile già prevedere che, dopo circa 28 anni di servizio, colui il quale ha superato il concorso per uditore giudiziario avrà certamente raggiunto, almeno dal punto di vista economico, i più alti gradi della magistratura ordinaria. Le disposizioni vigenti non operano alcuna differenziazione significativa fra magistrati giudicanti e magistrati requirenti. È così possibile che un magistrato possa passare una parte della sua carriera come magistrato requirente e poi decidere di svolgere funzioni giudicanti (o viceversa).

 

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