Libertà di concorrenza e disciplina della concorrenza sleale

La libertà di iniziativa economica implica la normale presenza sul mercato di più imprenditori in competizione fra loro per conquistare il potenziale pubblico di consumatori e conseguire il maggior successo economico.

Nel perseguimento di questi obiettivi ciascun imprenditore gode di ampia libertà di azione e può porre in atto le tecniche e le strategie che ritiene più proficue.

È tuttavia interesse generale che la competizione fra imprenditori si svolga in modo corretto e leale:

da qui la necessità di fissare alcune regole di comportamento che devono essere osservate nello svolgimento della concorrenza, al fine di impedire “colpi bassi”.

Questa esigenza è soddisfatta dalla disciplina della concorrenza sleale.

Nello svolgimento della competizione fra imprenditori concorrenti è vietato servirsi di mezzi e tecniche non conformi ai “principi della correttezza professionale”.

I fatti, gli atti e i comportamenti che violano tale regola sono atti di concorrenza sleale.

Tali atti sono repressi e sanzionati anche se compiuti senza dolo o colpa ed anche se non hanno ancora arrecato un danno ai concorrenti: basta infatti il solo danno potenziale, ossia che l’atto sia idoneo a danneggiare l’altrui azienda.

Si tratta, in definitiva, di una disciplina volta ad evitare che pratiche scorrette alterino il corretto funzionamento del mercato.

I consumatori però non sono tutelati direttamente dalla disciplina della concorrenza sleale,ma in maniera mediata e riflessa, dato che legittimati a reagire contro gli atti di concorrenza sleale sono solo gli imprenditori concorrenti e le loro associazioni, non invece i consumatori.

Ambito di applicazione della disciplina della concorrenza sleale

L’applicazione della disciplina della concorrenza sleale postula due presupposti:

  1. la qualità di imprenditore sia del soggetto che pone in essere l’atto di concorrenza vietato, sia del soggetto che ne subisce le conseguenze;
  2. l’esigenza di un rapporto di concorrenza economica fra i due.

Chi è leso nella propria attività di impresa da un soggetto che non è imprenditore o non è suo concorrente potrà reagire avvalendosi della disciplina dell’illecito civile, art. 2043 , se vi sono i presupposti.

Soggetto passivo dell’atto di concorrenza sleale può essere solo un imprenditore, in quanto solo nei confronti di un imprenditore si verifica la condizione dell’idoneità dell’atto a danneggiare l’altrui azienda.

L’imprenditore risponde a titolo di concorrenza sleale non solo per gli atti da lui direttamente compiuti, ma anche per quelli posti in essere da altri, nel suo interesse e su sua istigazione o incarico. Infatti, l’art. 2598, 3° comma , prevede espressamente che l’atto di concorrenza sleale può essere compiuto anche indirettamente.

Fra soggetto passivo e soggetto attivo deve esistere un rapporto di concorrenza prossima o effettiva, cioè entrambi devono offrire nello stesso ambito di mercato beni o servizi che siano destinati a soddisfare lo stesso bisogno dei consumatori.

Nel valutare l’esistenza del rapporto di concorrenza bisogna tener conto della prevedibile espansione territoriale e merceologica dell’attività dell’imprenditore che subisce l’atto di concorrenza sleale, detta concorrenza potenziale.

La disciplina della concorrenza sleale è stata estesa, dalla giurisprudenza, anche a imprenditori che agiscono a livelli economici diversi, purché il risultato ultimo di entrambe le attività incida sulla stessa categoria di consumatori, detta concorrenza verticale.

 

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