I casi di nullità delle delibere assembleari sono stati accresciuti rispetto alla disciplina precedente (passano da uno a tre). La delibera è nulla solo nei tre casi tassativamente indicati dall’articolo 2379. Come per il passato sono nulle le delibere il cui oggetto è impossibile o illecito; vale a dire contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Ad esempio, si delibera di non redigere il bilancio di esercizio o di sopprimere il collegio sindacale.

Si ha nullità anche quando la delibera ha oggetto lecito ma contenuto illecito. Ad esempio, l’assemblea approva un bilancio falso o redatto violando i principi di chiarezza e precisione. In tal caso l’oggetto della delibera è lecito, il suo contenuto illecito.

In base all’attuale disciplina la delibera assembleare è altresì nulla nei casi di:

A) Mancata convocazione dell’assemblea. Si precisa però che:

1) la convocazione non si considera mancante e non si ha nullità della delibera nel caso di irregolarità dell’avviso, se questo proviene da un componente dell’organo amministrativo o di controllo della società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di essere preventivamente avvertiti della convocazione e della data dell’assemblea. In pratica basta pubblicare data e luogo dell’assemblea;

2) l’azione di nullità non può essere esercitata da chi, anche successivamente, abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento dell’assemblea.

B) Mancanza del verbale. Si precisa però che:

1) il verbale non si considera mancante se contiene la data della deliberazione e il suo oggetto ed è sottoscritto dal presidente dell’assemblea o dal presidente del consiglio di amministrazione o dal consiglio di sorveglianza e dal segretario o dal notaio.

2) la nullità per mancanza del verbale è sanata con effetto retroattivo mediante verbalizzazione eseguita prima dell’assemblea successiva, salvi i diritti dei terzi che in buona fede ignoravano la deliberazione.

Rilevanti novità presenta anche la disciplina degli effetti delle delibere nulle, oggi in larga parte diversa da quella valevole per i contratti nulli. Resta fermo il principio che la nullità delle delibere assembleari può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata anche di ufficio dal giudice.

Possono essere impugnate senza limiti di tempo solo le delibere che modificano l’oggetto sociale, prevedendo attività illecite o impossibili. In tutti gli altri casi è introdotto un termine di decadenza di tre anni che decorre dall’iscrizione o deposito nel registro delle imprese, se la deliberazione vi è soggetta, o in caso contrario dalla trascrizione nel libro delle adunanze dell’assemblea.

Inoltre, come per le delibera annullabili: 1) anche la dichiarazione di nullità non pregiudica i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera; 2) la nullità non può inoltre essere dichiarata se la delibera è sostituita con altra presa in conformità della legge.

Una specifica disciplina che riduce ulteriormente l’operatività delle cause di nullità, è prevista per alcune delibere di particolare rilievo: aumento del capitale sociale, riduzione reale del capitale, emissione delle obbligazioni. Per tali delibere l’azione di nullità è soggetta al più breve termine di decadenza di 180 giorni, anche in caso di nullità per illiceità dell’oggetto.

Ed in caso di mancanza di convocazione, il termine è di 90 giorni dall’approvazione del bilancio nel corso del quale la delibera è stata anche parzialmente eseguita. Se si tratta di società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, anche se tali termini non sono trascorsi la nullità della delibera di aumento del capitale sociale non può essere più pronunciata dopo che è stata iscritta nel registro delle imprese l’attestazione che l’aumento è stato anche parzialmente eseguito.

E l’esecuzione anche parziale preclude la pronuncia di nullità delle deliberazioni di riduzione reale del capitale sociale e di emissione di obbligazioni. Resta comunque salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci e ai terzi. Specificatamente disciplinata è poi l’invalidità della delibera di approvazione del bilancio, non più impugnabile dopo l’approvazione del bilancio successivo, e della delibera di trasformazione.

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