E’ ovvio che in ogni caso di cattiva gestione di un impresa si crea pregiudizio anche a coloro che all’azienda hanno fatto credito e vedono quindi ridotte le possibilità di realizzare il credito stesso. E’ altrettanto ovvio che quando la cattiva gestione è imputabile a soggetto diverso dall’imprenditore e questo può vantare nei suoi confronti una pretesa al risarcimento del danno i creditori possono avvalersi del rimedio generale dell’azione surrogatoria prevista dall’art. 2900 e mediante essa esercitare la pretesa che spetta al loro debitore, l’imprenditore appunto. Non vi è dubbio che ciò possa valere anche quando l’impresa è esercitata sotto forma di società e quindi nell’ipotesi in cui tale pretesa si fondi sulla responsabilità di coloro che svolgono per essa le funzioni di amministratori.
Il problema è che l’art. 2394 cc prevede esclusivamente per le società per azioni che gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale. Infatti occorre chiedersi se l’art. 2394 configuri pur sempre una azione surrogatoria o una azione direttamente spettante ai creditori nei confronti degli amministratori. Questa seconda ipotesi è però non accettabile in quanto se così fosse non si spiegherebbe perché l’art. 2394 sia applicabile alla sola società per azioni e non agli altri tipi di società di capitale o alle società di persone.
Occorre propendere quindi per la tesi per cui l’art. 2394 configuri una ipotesi di azione surrogatoria strettamente collegata all’azione di responsabilità spettante alla società. Infatti l’art. 2394 espressamente stabilisce che la rinuncia all’’azione da parte della società non impedisce l’azione da parte dei creditori sociali e che la transazione della società può essere impugnata dai creditori solo con l’azione revocatoria. Si deduce quindi che l’esercizio dell’azione di responsabilità da parte della società preclude l’esercizio dell’azione stessa da parte dei creditori in quanto lo scopo cui l’azione dei creditori tende è lo stesso cui tende l’azione della società non mirando i creditori ad ottenere il risarcimento di un danno direttamente subito ma ad ottenere la reintegrazione del patrimonio sociale che rappresenta la loro garanzia.
L’azione dei creditori sociali non è quindi una azione ad essi autonomamente attribuita ma può essere fatta valere in via surrogatoria, ciò è anche dimostrato dal fatto che lo stesso art. 2394 stabilisce che presupposto per l’azione dei creditori social sia l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento del loro credito e implicitamente evidenzia l’altro presupposto e cioè l’inerzia della società. Il carattere surrogatorio dell’azione concessa ai creditori ci permette di stabilire che identico è il contenuto delle due azioni anche se diversi sono gli interessi che muovono la società e i creditori sociali.
L’interesse della società è quello di eliminare ogni danno derivante da colpa o dolo degli amministratori mentre interesse dei creditori ad esercitare l’azione contro gli amministratori si ha solo quando, attraverso il danno alla società, risultino diminuite le loro garanzie patrimoniali. L’azione spetta ad ogni creditore fino alla concorrenza del proprio credito.
L’azione individuale di responsabilità
Abbiamo visto che quando gli amministratori producono un danno per la società indirettamente danneggiano anche i creditori sociali (che risultando il patrimonio sociale insufficiente per la soddisfazione dei loro crediti possono agire con l’azione surrogatoria generale o con la specifica azione di cui all’art. 2394 cc) e anche i soci (in quanto la riduzione del patrimonio della società produce anche una riduzione del valore della loro partecipazione). I soci però possono solo chiedere il risarcimento del danno a favore della società, ottenendo indirettamente anche il ripristino del valore della loro partecipazione,
Può accadere però che i fatti illeciti commessi dall’amministratore non incidano sul patrimonio della società ma solo e direttamente sul patrimonio del socio così come vi possono essere fatti illeciti che incidono sia sul patrimonio della società che sul patrimonio del socio e del terzo. Nel primo caso è evidente che la società non può proporre nessuna azione perché non ha subito nessun danno, nel secondo caso è altrettanto evidente che il risarcimento del danno subito dalla società non copre il danno subito dal socio o dal terzo.
Con riferimento a tali ipotesi la legge prevede una responsabilità diretta degli amministratori nei confronti dei soci e dei creditori (e in generale dei terzi), per il danno commesso dai primi che incide direttamente sul patrimonio personale dei secondi e la relativa azione può essere esercitata entro cinque anni dal compimento dell’azione che ha provocato il danno.