Il momento centrale nel fallimento è la ricostruzione del patrimonio del fallito per avviarlo integralmente alla liquidazione.
A) Le prime misure concernono lo spossessamento del debitore e la sua sostituzione col curatore ai fini della conservazione e amministrazione del patrimonio oltre che nella rappresentanza processuale quanto alle controversie su beni che vi ineriscano. Segue l’ inefficacia nei confronti dei creditori, i.e. del fallimento, degli atti compiuti dal fallito e dei pagamenti a lui o da lui effettuati. Segue ancora eguale inefficacia delle formalità necessarie per rendere gli atti opponibili ai terzi, eseguite dopo la dichiarazione del fallimento. Ma segue soprattutto la ricomposizione delle attività da destinare alla liquidazione concorsuale.
B) In realtà ciò che qui emerge è la rilevanza non solo dei beni con cui il debitore risponde per l’ adempimento delle obbligazioni ai sensi dell’ art. 2740, ma di tutto ciò che si ritenga avere fatto parte delle attività dell’ impresa al momento in cui questa risulti essere andata obiettivamente in crisi. Si vuole così effettuare una sorta di ricostruzione storica. L’ individuazione a posteriori del primo indice anche non denunziato dell’ insolvenza non è cosa facile, ovviamente. Da qui l’ adozione di un sistema normativo vincolante. I criteri su cui si fonda tale sistema, delle cd. revocatorie fallimentari, sono sostanzialmente due, di distantia temporis, procedendo a ritroso, dalla dichiarazione di fallimento, e di obiettiva normalità o anomalia dell’ atto, considerate poi nel contesto dell’ attività d’ impresa.
Il primo criterio serve a circoscrivere in margini di definitività temporale l’ azione del curatore volta al recupero tramite l’ esperimento delle azioni revocatorie. Il secondo esprime i dubbi che si assumono ragionevoli sull’ ingenuità dell’ atto. La conseguenza è l’ inefficacia relativa dell’ atto, cioè solo nei confronti dei creditori, e per questi nei confronti del fallimento. La prima classe concerne gli atti a titolo gratuito, compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. Risulta del pari totalmente anomalo il pagamento anticipato di un debito. Questi pagamenti sono tout court privi di effetto se compiuti nei due anni antecedenti il fallimento. E al riguardo, come quando si tratta di atti a titolo gratuito, stante il rigore della norma si parla di revocatoria di diritto.
Nella seconda classe ricadono gli atti che possono considerarsi anche essi anomali. Vale a dire :
-gli atti a titolo oneroso in cui il valore della prestazione eseguita o dell’ obbligazione assunta dal fallito sorpassi di oltre un quarto quello della controprestazione ricevuta;
-gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o altri mezzi normali di pagamento;
– le garanzie costruite per debiti già esistenti e non ancora scaduti;
-le garanzie, come sopra, con l’ aggiunta delle ipoteche giudiziali, concesse o costituite per debiti scaduti.
Con riguardo a tali atti poi, se la buona fede del terzo che abbia negoziato con l’ imprenditore successivamente fallito deve essere sempre tutelata, sarà però onere del terzo provare la sua ignoranza, quanto all’ anomalia dell’ atto. La terza classe ricomprende atti di per sè normali, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un dir di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati. L’ istanza di loro riallineamento nella massa passiva del fallimento è perciò tutelata in misura doppiamente ridotta: anzitutto il periodo sospetto si riduce a 6 mesi anteriori al fallimento, in secondo luogo è onere del curatore provare che il terzo sapeva dell’ insolvenza.
Disciplina a sè trovano gli atti compiuti tra coniugi. Sono infatti revocati, se il coniuge non prova che ignorava lo stato d’ insolvenza del coniuge fallito:
-tutti gli atti a titolo oneroso, i pagamenti, gli atti costitutivi di garanzie, compiuti nel tempo in cui il fallito esercitava un’ impresa commerciale e
-tutti gli atti a titolo gratuito compiuti più di due anni prima della dichiarazione di fallimento, ma nel tempo in cui il fallito (già) esercitava attività d’ impresa commerciale.
C) Nella medesima prospettiva si inquadra la scelta, più radicale, di escludere la stessa revocabilità di una serie di atti, attraverso un sensibile ampliamento delle esenzioni dall’ azione revocatoria, alla quale non risultano attualmente soggetti, oltre alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario, i pagamenti:
-di beni e servizi effettuati nell’ esercizio dell’ attività d’ impresa nei termini d’ uso;
-dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori; di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’ accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo;
-gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell’ accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, nonchè di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’ impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria;
– le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purchè non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’ esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;
-ed infine le vendite ed i preliminari di vendita trascritti, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetti immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’ abitazione principale dell’ acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado.
D) Rientra nella problematica adesso enunciata anche parte di ciò che è previsto in ordine ai contratti in corso di esecuzione. Di regola, l’ esecuzione di tali contratti rimane sospesa, fino a quando il curatore, con l’ autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto, assumendo i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo, nel qual caso il contraente può solo insinuare al passivo del fallimento il suo credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno. Durante l’ esercizio provvisorio dell’ impresa del fallito i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l’ esecuzione o scioglierli.
E) Un’ ultima osservazione riguardante la ricostruzione delle attività assoggettate a fallimento. I creditori hanno dir di compensare i loro crediti, anche se non scaduti, con debiti che hanno verso il fallito.