Il leasing (o locazione finanziaria) è una nuova tecnica contrattuale nata per soddisfare una specifica esigenza delle imprese: quella di disporre dei beni strumentali necessari per l’attività produttiva (macchinari, impianti, attrezzature sofisticate) senza essere costrette ad immobilizzare ingenti capitali per l’acquisto.

Il leasing è un contratto che intercorre fra un’impresa finanziaria specializzata (la società di leasing) e chi ha bisogno di beni strumentali per la propria impresa.

Non è locazione, non è vendita a rate, non è mutuo ma una combinazione di elementi di tali contratti.

Nonostante l’ampia diffusione, il leasing è ancora un contratto privo di specifica disciplina legale, anche se ha raggiunto un sufficiente grado di standardizzazione.

Al riguardo è però necessaria una duplice avvertenza.

Il successo del leasing ne ha notevolmente ampliato l’ambito di utilizzazione. Accanto al leasing avente ad oggetto beni strumentali di impresa (leasing di impresa) si è infatti largamente sviluppato il leasing di beni consumo durevoli, quali automobili (leasing di consumo) ed il leasing di beni immobili (stabilimenti industriali o studi professionali).

Inoltre il leasing si è articolato in tre tecniche operative notevolmente diverse fra loro: leasing finanziario, leasing operativo e lease-back (o leasing di ritorno).

Il leasing finanziario è concluso nell’ambito di un’operazione trilaterale alla quale partecipano la società di leasing (concedente), l’impresa interessata all’utilizzo del bene (utilizzatore) ed un’impresa che produce o distribuisce il bene stesso (fornitore).

L’impresa di leasing acquista dal fornitore il bene desiderato dall’utilizzatore e lo cede in godimento a questi stipulando un contratto (il contratto di leasing) che presenta i seguenti dati caratterizzanti: il godimento è concesso per un periodo di tempo determinato che nel leasing di beni strumentali tende a coincidere con la vita tecnica del bene come corrispettivo del godimento l’utilizzatore deve corrispondere un canone periodico all’utilizzatore è riconosciuta la facoltà di acquistare la proprietà del bene alla scadenza del contratto pagando un prezzo predeterminato.

Emerge così netta la differenza rispetto alla vendita con riserva di proprietà.

Chi acquista a rate diventa automaticamente proprietario col pagamento dell’ultima rata. Nel leasing, invece, alla fine del contratto l’utilizzatore può scegliere se acquistare il bene, restituirlo o rinnovare il contratto.

Nel leasing i rischi connessi al godimento del bene sono a carico dell’utilizzatore.

In particolare si prevede che l’utilizzatore è tenuto a pagare i canoni pattuiti anche in caso di mancata o ritardata consegna del bene da parte del fornitore e non può invocare la garanzia per vizi nei confronti del concedente il leasing.

L’aspetto più delicato della disciplina convenzionale del leasing finanziario è comunque costituito dalle clausole che regolano la risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore.

È infatti previsto che l’impresa di leasing ha diritto di chiedere la risoluzione del contratto anche in caso di mancato pagamento di un solo canone, quale che sia l’ammontare, e inoltre ha diritto di trattenere integralmente i canoni riscossi, salvo il risarcimento dei danni ulteriori.

La validità di questa seconda clausola è stata tuttavia contestata da parte della dottrina e della giurisprudenza.

La soluzione al quesito se sia o meno lecito trattenere i canoni versati è che essa è una richiesta equa nel leasing di beni strumentali di impresa. Alla scadenza del contratto, di regola coincidente con la vita economica del bene, questi hanno quasi sempre un valore residuo minimo ed il pagamento integrale dei canoni permette al concedente il recupero del finanziamento, dato che poco o nulla potrà recuperare dalla rivendita del bene di cui è restato proprietario.

La situazione muta invece radicalmente nel leasing di beni di consumo durevoli o nel leasing immobiliare. In tal caso conserva un valore finale non trascurabile. In questi casi perciò l’acquisizione integrale dei canoni e la vendita a terzi del bene possono far incassare al concedente ben più di quanto avrebbe riscosso con la regolare esecuzione del contratto. Merita perciò di essere condivisa la distinzione introdotta dalla Cassazione fra leasing tradizionale o di godimento (beni strumentali di impresa) e leasing impuro o traslativo ( beni di consumo durevoli).

Nel primo sottotipo l’impresa di leasing può senz’altro trattenere i canoni riscossi ed esigere a titolo di risarcimento danni i canoni ulteriori.

Nel secondo sottotipo l’utilizzatore dovrà invece corrispondere solo un equo compenso per l’uso ed il risarcimento dei danni nella misura quantificata dal giudice.

 

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