Il diritto di opzione è il diritto dei soci attuali di essere preferiti ai terzi nella sottoscrizione dell’aumento del capitale a pagamento. Serve quindi a mantenere inalterata la proporzione in cui ciascun socio partecipa, attraverso il voto, alla formazione della volontà sociale (funzione amministrativa). Serve inoltre a mantenere inalterato il valore reale della partecipazione azionaria in presenza di riserve accumulate (funzione patrimoniale); valore che invece si ridurrebbe qualora le azioni fossero sottoscritte da terzi ad un prezzo inferiore al valore effettivo delle azioni già in circolazione.

Quindi il diritto di opzione ha un valore economico che l’azionista può monetizzare cedendolo a terzi qualora non voglia o non possa concorrere all’aumento del capitale sociale. Il diritto di opzione può essere sacrificato quando uno specifico interesse della società lo esige. Questi sono i principi cardine, rimasti immutati con la riforma del 2003, della disciplina del diritto di opzione dettata dall’articolo 2441.

Attualmente il diritto di opzione ha per oggetto le azioni di nuova emissione di qualsiasi categoria e le obbligazioni convertibili in azioni emesse dalla società. Esso compete agli azionisti di ogni categoria ed ai possessori di obbligazioni convertibili su tutte le azioni di nuova emissione. Il diritto di opzione è attribuito a ciascun azionista in proporzione del numero di azioni già possedute. Per l’esercizio del diritto di opzione la società deve concedere agli azionisti un termine non inferiore a 30 giorni (15 per le società quotate), che decorre dall’iscrizione dell’offerta di opzione nel registro delle imprese. Gli amministratori non sono liberi di collocare a loro piacimento le azioni che siano rimaste inoptate.

Infatti:

1) se le azioni non sono quotate, coloro che hanno esercitato il diritto di opzione hanno diritto di prelazione nella sottoscrizione delle azioni non optate, purché ne facciano richiesta all’atto dell’esercizio dell’opzione;

2) se le azioni sono quotate, i diritti di opzione residui devono essere offerti nel mercato regolamentato dagli amministratori, per conto della società, per almeno 5 riunioni ed il ricavato della vendita va a beneficio del patrimonio sociale.

Se gli azionisti non si avvalgono per l’intero del diritto di prelazione o i diritti offerti nel mercato regolamentato restano invenduti, le azioni di nuova emissione potranno essere liberamente collocate. Il diritto di opzione degli azionisti è in tutto o in parte sacrificabile in presenza di situazioni oggettive rispondenti ad un concreto interesse della società.

1) Il diritto di opzione è escluso per legge quando le azioni devono essere liberate mediante conferimenti in natura.

2) Il diritto di opzione può essere escluso o limitato con la delibera di aumento del capitale quando l’interesse della società lo esige. La relativa delibera deve essere però approvata con maggioranza rafforzata: oltre la metà del capitale sociale, anche in tutte le convocazioni dell’assemblea successive alla prima.

3) Infine il diritto di opzione può essere escluso con delibera dell’assemblea straordinaria, quando le azioni devono essere offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o anche ai dipendenti di società controllanti o controllate. La relativa delibera deve essere però approvata, anche nelle convocazioni successive alla prima da oltre la metà del capitale sociale, se il diritto di opzione è escluso per più di un quarto delle azioni di nuova emissione.

Nel caso 1 e 2 è obbligatoria l’emissione delle nuove azioni con sovrapprezzo. Alla società è però lasciato un margine di discrezionalità nella determinazione del relativo ammontare.

Il diritto di opzione non si considera però escluso o limitato quando le azioni di nuova emissione sono sottoscritte da banche o da altri soggetti autorizzati al collocamento di strumenti finanziari, con l’obbligo di offrirle successivamente agli azionisti rispettando la disciplina del diritto di opzione. Le spese dell’operazione sono a carico della società.

 

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