Le procedure concorsuali sono applicabili a tutti gli imprenditori, ad eccezione dei piccoli imprenditori e degli enti pubblici. Inoltre la legge fallimentare esclude l’applicazione delle procedure di fallimento e concordato preventivo nei confronti di imprenditori che, pur non potendosi qualificare come piccoli ai sensi del codice civile, dimostrino di non superare le tre seguenti soglie previste dalla legge: e quindi di

a) aver avuto nei tre esercizi precedenti la data del deposito dell’istanza del fallimento un attivo patrimoniale non superiore a 300.000 euro

b) di aver realizzato nello stesso periodo ricavi lordi non superiori a 200.000 euro

c) di avere attualmente un ammontare di debiti non superiore a 500.000 euro.

La legge fallimentare inoltre parla espressamente di imprenditori commerciali escludendo così l’applicazione delle procedure concorsuali agli imprenditori agricoli ma abbiamo visto in precedenza come l’impresa possa trovare applicazione solo nel campo della agricoltura industrializzata e come secondo il nuovo art. 2135 cc l’impresa agricola non è altro che una impresa industriale operante nel campo dell’agricoltura. Le procedure concorsuali, inoltre, pur essendo poste con riferimento all’impresa, riguardano la persona dell’imprenditore e quindi il concorso viene attuato da parte di tutti i creditori dell’imprenditore anche se i loro diritti non nascono dall’esercizio dell’attività di impresa e riguardano tutti i beni dell’imprenditore anche se non appartengono al complesso aziendale.

Se pertanto lo stato di insolvenza riguarda la situazione patrimoniale complessiva dell’imprenditore deve necessariamente sussistere anche in relazione ai rapporti inerenti l’impresa ed è sotto questo profilo che l’insolvenza dell’imprenditore diviene rilevante per la legge. Occorre anche dire che per l’applicazione delle procedure concorsuali la legge non richiede l’esercizio attuale di una impresa essendo sufficiente solo che tale attività vi sia stata purché la situazione di insolvenza dell’imprenditore abbia la sua origine nei rapporti dipendenti dall’esercizio dell’impresa. Pertanto la legge ammette il fallimento dell’imprenditore che abbia cessato l’impresa o dell’imprenditore defunto purché l’’insolvenza abbia un nesso con l’esercizio dell’impresa e si sia manifestata entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese o dalla morte dell’imprenditore.

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