Quelle esaminate fin qui sono categorie speciali di azioni che possono essere emesse in ogni momento. La legge, tuttavia, contempla altre categorie speciali di azioni, che, al contrario, sono legate all’occasione di specifici eventi:

  1. le azioni con prestazioni accessorie.
  2. le azioni a favore dei prestatori di lavoro.
  3. le azioni di godimento.

 Le azioni con prestazioni accessorie (art. 2345) sono azioni che, oltre all’obbligo del conferimento, impongono al socio prestazioni non consistenti in denaro (es. cose, finanziamenti). Lo scopo di tali azioni è quello di coinvolgere i fornitori della società nelle sorti dell’impresa, assicurando indirettamente la fornitura di materie prime o i finanziamenti di cui ha bisogno. Queste azioni, chiaramente, oltre ai diritti spettanti alle azioni ordinarie, attribuiscono un particolare compenso in relazione alle prestazioni stesse.

Tali azioni possono crearsi solo con l’atto costitutivo, il quale è tenuto a determinare il contenuto delle prestazioni accessorie, la durata, la modalità ed il compenso, stabilendo particolari sanzioni in casi di inadempimento (co. 1). Le azioni con prestazioni accessorie non possono essere alienate senza il consenso degli amministratori (co. 2), né possono essere modificate negli obblighi senza il consenso di tutti i soci (co. 3).

 Le azioni a favore dei prestatori di lavoro costituiscono una particolare categoria soltanto se emesse con particolari caratteristiche. L’art. 2349 co. 1, infatti, dispone che l’assemblea straordinaria, se lo statuto lo prevede, può deliberare l’assegnazione di utili ai prestatori di lavoro dipendenti delle società (o di società controllate) mediante l’emissione, per un ammontare complessivo corrispondente agli utili stessi, di speciali categorie di azioni da assegnare individualmente ai prestatori di lavoro, con norme particolari riguardo alla forma, al modo di trasferimento ed ai diritti spettanti agli azionisti.

Per procedere a tale assegnazione, quindi, occorre destinare una parte degli utili a capitale, aumentando quest’ultimo in misura corrispondente al valore nominale complessivo delle azioni emesse. Tale operazione sembra analoga ad un aumento gratuito di capitale, ma si differenzia nettamente dalla disciplina dettata dall’art. 2442:

  • perché devono esservi destinati degli utili, mentre l’art. 2442 prevede la possibilità di un aumento gratuito del capitale soltanto tramite l’imputazione di riserve o di altri fondi.
  • perché l’art. 2442 non consente l’emissione gratuita di azioni con caratteristiche diverse da quelle in circolazione.
  • perché l’art. 2442 dispone che le nuove azioni siano assegnate ai vecchi azionisti in proporzione di quelle da essi già possedute.

 La società sembra avere un ampio margine di discrezionalità nello stabilire i criteri di assegnazione (es. ad una categoria e non ad un’altra), tuttavia, trattandosi sempre di un’elargizione gratuita, essa può essere rifiutata dal dipendente.

L’emissione di titoli a favore di prestatori di lavoro, comunque, è possibile soltanto durante la vita della società e mai in sede di costituzione.

 L’emissione di azioni di godimento è possibile soltanto in caso di riduzione effettiva del capitale, cosa che di norma si verifica quando, rispetto all’attività svolta in concreto, la società appaia sovracapitalizzata.

Per ridurre il capitale la società può procedere in vario modo:

  • può annullare le azioni già da essa possedute, e in tal caso, non venendo rimborsati i soci, non vengono emesse azioni di godimento.
  • può ridurre il valore nominale delle azioni, restituendo ai soci la differenza, o può annullare parte delle azioni emesse.

In questi casi, per consentire ai soci in tal modo rimborsati di continuare a godere dei frutti di un’attività avviata anche con il loro contributo, la società può emettere azioni di godimento, che vengono date in cambio di quelle rimborsate e annullate. La giustificazione sta nella circostanza che le azioni vengono rimborsate al valore nominale, mentre il loro valore effettivo può essere notevolmente superiore, per cui, attraverso il rilascio di queste azioni, si tende a far godere all’assegnatario il frutto di quel maggior valore che egli non ha percepito in sede di rimborso.

 I problemi che restano aperti, tuttavia, sono molti. L’art. 2353, infatti, disponendo che salva diversa disposizione dello statuto, le azioni di godimento attribuite ai possessori delle azioni rimborsate non danno diritto di voto , lascia aperta la possibilità di clausole statutarie che, al contrario, consentano tale diritto di voto. In tal caso sembrerebbe logico ammettere anche una legittimazione all’impugnativa delle deliberazioni annullabili ex art. 2377, sennonché la norma richiede a tal fine il possesso di tante azioni che rappresentino una percentuale del capitale che varia dall’uno per mille al cinque per cento, mentre queste azioni sono caratterizzate proprio dalla mancanza di rappresentatività del capitale. Tale problema, comunque, si ripropone per una lunga serie di diritti corporativi, il cui esercizio è analogamente condizionato al raggiungimento di determinate percentuali del capitale.

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