Vi sono delle ipotesi di danno connotate da profili che le accostano ora alla responsabilità aquiliana, ora alla responsabilità contrattuale, senza riuscire a rendere persuasivo e soddisfacente l’inquadramento che se ne voglia fare nella prima o nella seconda.

Esse appaiono giuridicamente più pregnanti del semplice rapporto obbligatorio di risarcimento del danno al quale si riduce la responsabilità aquiliana, e però meno articolate del rapporto obbligatorio incentrato sulla prestazione.

Finora la nostra letteratura non ha dedicato attenzione, se non da prospettive parziali (al confine tra contratto e torto abbiamo già visto situarsi il danno meramente patrimoniale; Francesco Donato Busnelli nel 1991 ha indagato la responsabilità da informazioni inesatte), a questo tema.

Gli ordinamenti tedesco ed inglese fanno coincidere quest’area di incerta qualificazione con quella del danno meramente patrimoniale.

Sembra trattarsi invece di uno spazio più ampio ed articolato.

Da un lato, non tutte le ipotesi di danno meramente patrimoniale si situano nella zona di confine.

Reciprocamente, non tutte le fattispecie di incerta collocazione tra contratto e torto riguardano il danno meramente patrimoniale: ricorrono altresì ipotesi di danno conseguente alla violazione di situazioni giuridiche soggettive.

Infine le une e le altre appaiono suscettibili di una configurazione giuridica comune.

Possono indicarsi, in una prima ricognizione:

1.   le informazioni erronee o non veritiere date da un professionista {ad es. una banca a riguardo di un cliente od una guida turistica riguardo ad un ristorante dato per chiuso ed invece di nuovo in esercizio al momento della riedizione dell’opera};

2.  la cosiddetta Prospekthaftung, che costituisce una specie della precedente;

3.  la responsabilità degli intermediari finanziari secondo la configurazione datane dalla l. 1/1991;

4.  la responsabilità del prestatore di servizi;

5.  il danno cagionato dal medico ad un paziente nell’adempimento di una prestazione di lavoro all’interno di una struttura sanitaria;

6.  il danno che un alunno si procuri da sé o cagioni ad altri durante le attività scolastiche e del quale si chieda il risarcimento al precettore dipendente dall’istituto col quale è in vigore il rapporto di istruzione ed educazione dell’alunno medesimo;

7.  il danno che il professionista, nell’adempiere un’obbligazione, cagioni a soggetti che non gli sono creditori ma nella cui sfera giuridica si riflettono gli effetti negativi della sua prestazione inesatta.

Questi casi presentano un aspetto problematico, privi come sono di quello che finora è stato considerato il requisito impreteribile del rapporto obbligatorio, la prestazione.

Se l’obbligazione fosse ancora quella di radice romanistica, che proprio alla prestazione la riduceva, non si potrebbe neanche parlare di violazione di obblighi altri dalla prestazione.

Ma la teoria moderna è da tempo andata oltre l’identificazione del rapporto obbligatorio con l’obbligo di prestare, rilevando la presenza di obblighi diversi che fanno corona alla prestazione in funzione di tutela di interessi ulteriori di ciascuna delle parti, messi in modo particolare a repentaglio dall’attuazione del rapporto stesso.

Proprio perché si tratta di obblighi, la violazione di essi dà vita a responsabilità contrattuale, analogamente all’inadempimento dell’obbligo di prestazione.

Nel momento in cui questi obblighi accessori si configurano come autonomi pur se funzionalmente connessi con l’obbligo di prestazione, il passo ulteriore attiene alla possibilità di concepire l’esistenza di tali obblighi quando manchi un obbligo di prestazione.

Gli obblighi di protezione sono considerati autonomi rispetto all’obbligo di prestazione, oltre che sul piano della struttura, su quello della fonte: nascono dalla legge anche quando fonte dell’obbligazione (più correttamente, dell’obbligo di prestazione) sia il contratto.

{Gli obblighi di protezione, che hanno acquistato rilevanza positiva nell’ordinamento tedesco con la recente riforma del diritto delle obbligazioni, entrata in vigore il 1° gennaio 2002, avevano ricevuto riscontro già dalla nostra Corte costituzionale, 74/1992, nella quale si parla di obbligo specifico di evitare nell’esecuzione del contratto comportamenti pregiudizievoli alla persona o ai beni del creditore: obbligo pure derivante dal contratto in virtù della regola di correttezza sancita dall’art. 1175 (Comportamento secondo correttezza); il redattore della sentenza fu Luigi Mengoni}.

La dottrina ha già messo in luce ipotesi nelle quali, pur in assenza di un obbligo di prestazione, sussistono obblighi di protezione; si tratta però di fattispecie nelle quali l’obbligo di prestazione non è venuto ad esistenza perché non è stato concluso o è nullo il contratto da cui altrimenti esso sarebbe sorto, ovvero superstiti di un rapporto nel quale l’obbligo di prestazione sia stato già adempiuto.

Il problema che ci poniamo in questa sede riguarda invece l’ipotizzabilità di obblighi di protezione ab origine avulsi da un obbligo di prestazione e ciononostante in grado di dar vita, in caso di danno, a responsabilità contrattuale.

Si prospettano almeno tre possibilità:

  • la scoperta di una zona di confine nella quale le due aree della responsabilità di diritto civile confluiscono può indurre a reputare finalmente verificata l’ipotesi dell’unicità di natura della responsabilità contrattuale e di quella aquiliana donde dovrebbe conseguire l’omogeneizzazione delle discipline all’insegna di una riduzione dell’intero a responsabilità aquiliana;
  • in una prospettiva di segno opposto, la connotazione delle ipotesi rilevate potrebbe indurre ad asseverarne l’autonomia di tertium genus tra contratto e torto;
  • potrebbe essere verificata l’ascrivibilità di esse al primo o al secondo, con una conferma della tradizionale bipartizione della responsabilità di diritto civile.

 

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