Esame delia posizione dottrinaria che ritie­ne applicabile l’art. 1453 c.c. anche agli ina­dempimenti reciproci e simultanei

La dottrina e la giurisprudenza dominanti affermano che, nel caso in cui le parti di un contratto a prestazioni corrispettive chiedano contemporaneamente la risoluzione del contratto per inadempimento, si debba procedere alla valutazione dei com­portamenti che sono stati tenuti in concreto da ciascuna di esse, al fine di determinare a quale parte sia imputabile l’inadempi­mento che giustifichi la risoluzione. Tuttavia non può ritenersi che tale ipotesi sia regolata dall’art. 1453 c.c., in quanto il rimedio della risoluzione previsto da tale norma appare utiliz­zabile solo dalla parte non inadempiente. Tale affermazione è sostenuta anche dalla previsione dell’art. 1460 c.c., nel quale il legislatore ha disposto che all’inadempiente che chiede l’ese­cuzione della prestazione all’altra parte a sua volta inadempien­te, quest’ultima può opporre l’eccezione di inadempimento. Vale osservare che se il legislatore in tal modo impedisce all’inadempiente di ottenere il soddisfacimento diretto del proprio interesse, non può a maggior ragione consentirgli il soddisfacimento indiretto dello stesso attraverso l’esercizio delle risoluzione di cui all’art.1453 C.c.

Ambito di operatività dell’art. 1460 c.c. e con­seguenze della sua applicazione

In realtà, però, l’applicazione dell’art. 1460 c.c. non può estendersi a tutte le ipotesi di inadempimenti reciproci e deve ritenersi circoscritta ai soli INADEMPIMENTI RECIPROCI SI­MULTANEI. Se infatti si volesse affermare che il rifiuto di adempiere da parte di uno dei contraenti presupponga il necessario inadempimento dell’altra parte, si svuoterebbe il rimedio in oggetto del suo significato, in quanto l’eccezione di inadempimento sarebbe esperibile dalla sola parte che non è tenuta ad adempiere per prima. Qualora infatti fossero previsti dei termini diversi per l’adempimento la parte che non deve adempiere per prima potrebbe affermare nei confronti dell’al­tra parte inadempiente l’inesigibilità della propria prestazione anche in mancanza della norma in esame.

Dalle considerazioni su esposte consegue che il rimedio costituito dall’eccezione di inadempimento deve ritenersi pre­ordinato a mantenere inalterato L’EQUILIBRIO SINALLAGMA­TICO del contratto, al fine di garantire il conseguimento contemporaneo delle reciproche prestazioni a ciascuna delle parti. In considerazione di tale funzione dell’eccezione in oggetto, deve ritenersi che il comportamento illegittimo di una delle parti, che non adempia la propria prestazione, non giustifichi l’inadempimento dell’altra parte, quanto piuttosto dia la possibilità di rifiutare legittimamente l’adempimento coattivo. Ulteriore conseguenza di tali osservazioni è che la legittimazione ad opporre l’eccezione di inadempimento è riconosciuta BILATERALMENTE.

Le considerazioni svolte non possono ritenersi confutate dall’affermazione che il mancato adempimento, che derivi dall’esercizio bilaterale del rimedio in esame, determini l’auto­matica inesigibilità delle prestazioni corrispettive. Tale afferma­zione, infatti non è condivisibile in quanto porterebbe all’assur­do che, qualora una delle parti adempisse alla propria obbliga­zione dopo la scadenza del termine fissato per l’adempimento delle obbligazioni corrispettive, si realizzerebbe in concreto addirittura l’esecuzione anticipata della prestazione cui potrebbe’ seguire, stante l’inesigibilità della stessa, l’azione di arricchi­mento disciplinata dall’art. 1185 c.c.

Illiceità dell’inadempimento e illiceità della proposizione dell’eccezione

Parte della dottrina afferma che l’esercizio dell’eccezione di cui all’art. 1460 c.c. giustificherebbe la mancata esecuzione delle prestazioni reciproche, dal momento che non può ritenersi illecita una facoltà concessa dall’ordinamento stesso. Da tale affermazione, però, appare evidente che si confonde la liceità dell’esercizio della facoltà riconosciuta dall’ordinamento di impedire che il creditore inadempiente alteri l’equilibrio sinallagmatico, con l’illiceità dell’inadempimento contrattuale che giustifica proprio l’esercizio di quella facoltà. Pertanto tale orientamento va disatteso, in quanto fondato su presupposti errati.

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