Come si è già detto in precedenza, la DOTTRINA PREVALENTE (tra questi CICALA) ritiene che alla base del rapporto tra delegante e delegato vi sia un mandato: in questo mandato è contenuto il c.d. “iussum” del delegante – mandante al delegato – mandatario di compiere un’attività giuridica di cooperazione, in funzione di un intento più ampio, che può variare di volta in volta (realizzazione di un credito verso il delegato, mutuo ecc.).

Il mandato tra delegante c delegato può intervenire però anche tra debitore espromesso ed espromittente nella prima fase dell’ espromissione. La differenza tra i due casi si ricava dalla seconda fase negoziale:

nella delegazione il delegato è obbligatoriamente tenuto alla c.d. “contemplatio domini”, ossia alla dichiarazione al creditore (delegatario) di stare agendo per conto del delegante, in maniera da poter ottenere quell’ “effetto del conteggio” cui il delegante – debitore originario aspirava.

Nell’espromissione invece la contemplatio domini non c’è: anche un negozio inizialmente pensato come delegazione si converte in espromissione se il delegato omette di far riferimento al mandato che c’è tra lui e il debitore originario.

Secondo CICALA l’elemento distintivo tra delegazione ed espromissione sta nel richiamo al rapporto di provvista: tale richiamo può essere fatto sia dal mandatario al momento della stipulazione del contratto con il creditore (ed allora egli assumerà propriamente la veste di delegato), sia nel negozio di assunzione stesso, concluso dal mandatario con il creditore. In tal caso si può dire che più di intervento “attivo” del debitore originario possa parlarsi di intervento “attivato” (dal negozio di assunzione). L’adempimento di un’obbligazione ex mandato non è dunque ragione sufficiente per ritenere di trovarsi di fronte ad un’ipotesi di delegazione.

E’ da censurare, inoltre, la tendenza a porre l’accento sulla “spontaneità” dell’intervento del terzo come elemento caratterizzante dell’ espromissione: è inesatto parlare di spontaneità sia con riferimento alla mancanza di un rapporto obbligatorio tra espromittente e debitore espromesso (perché come visto vi può essere anche un mandato alla base); sia con riferimento alla non menzione del rapporto obbligatorio preesistente, perché pur in presenza della delega (quindi un’ipotesi di “non spontaneità”), il creditore potrebbe preferire concludere un’espromissione anziché una delegazione, oppure vi sia menzione di un rapporto preesistente senza delega (delegazione “ratificabile” in un momento successivo dal delegante).

Il riferimento alla delega (mandato) deve essere concorde: deve provenire sia dall’ assuntore che dal creditore; può provenire sia dalle dichiarazioni negoziali che dal negozio stesso ed è rilevante a prescindere dall’ esistenza o meno della delega stessa. Ciò in quanto è ammessa la ratifica del delegante in un momento successivo.

Sarà compito dell’interprete verificare la volontà delle parti al momento della fase negoziale tra assuntore (espromittente o delegato) e creditore, tralasciando la fase precedente, che come detto può essere comune, per capire se ci si trova in presenza di una delegazione o di un’espromissione.

L’actio mandati contraria dell’espromittente

Si è già visto (vedi saggio III par. 9) che parte della dottrina (BIGIAVI) fondando la differenza tra delegazione ed espromissione sull’iniziativa (o intervento) del debitore, attribuisce al solo delegato l’actio mandati contraria, concedendo invece l’indennizzo all’espromittente, solo a seguito del sobbarcarsi di “impaccianti prove, della “vantaggiosità” del suo operato nei confronti del debitore espromesso. Ciò in quanto si ritiene che il mandato possa preesistere alla sola delegazione, quindi in mancanza (caso dell’ espromissione) saranno esperibili solo l’ actio negotiorum gestorum contraria e l’azione di arricchimento. Si fa salvo solo il caso in cui l’espromittente abbia agito in funzione di liberalità verso il debitore originario.

Ma se, come CICALA, si ritiene che un mandato possa preesistere anche nell’ipotesi di espromissione, non c’è motivo di ritenere inesperibile l’actio mandati contraria anche da parte dell’ espromittente. E’ troppo ristretto inoltre il caso in cui l’ espromittente agisca in funzione di liberalità: tale intento può esserci ma assume un rilievo del tutto marginale. Pertanto, in caso di espromissione o spetta il rimborso in virtù di un precedente rapporto tra espromittente e debitore originario, o non spetta alcunché, ad esempio perché il suo agire dipenda da una causa solvendi nei confronti del debitore originario.

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