Il d.p.r. 224/1988 ha dato attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva CEE 374/1985, relativa al ravvicinamento delle normative nazionali in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi.

Il d.p.r. 224/1988 è stato modificato con d. lgs. 25/2001, in particolare con riguardo alle nozioni di prodotto e di produttore, che ora ricomprendono i prodotti agricoli del suolo e dell’allevamento, quelli della pesca e della caccia e, rispettivamente, gli agricoltori, gli allevatori, i pescatori ed i cacciatori.

Il d.p.r. 224/1988, in seguito al d. lgs. 206/2005 (Codice del consumo), è stato integralmente riversato nel Codice del consumo agli artt. 114-127.

In precedenza la soluzione ai problemi di tutela del danno da prodotti era stata trovata dalla giurisprudenza e dalla dottrina facendo rilevare gli aspetti della disciplina generale della responsabilità civile e dei contratti.

Il problema, da esterno che era (quale disciplina possibile), diventa interno (contenuto normativo ed ambito di applicazione di una disciplina ad hoc).

Tutto questo vale per gli aspetti regolati da quello che ora è diventato la Parte IV (Sicurezza e qualità), Titolo II (Responsabilità per danno da prodotti difettosi) del d. lgs. 206/2005 (Codice del consumo).

Infatti la disciplina in questione non si pone come esclusiva dell’intera materia.

Il 127, comma I dispone che Le disposizioni del presente titolo [cioè del Titolo II, Responsabilità per danno da prodotti difettosi] non escludono né limitano i diritti attribuiti al danneggiato da altre leggi.

Tale regola si sarebbe potuta limitare all’interpretazione del d.p.r. 224/1988, se proprio il 127 Cod. cons., rubricato “Responsabilità secondo altre disposizioni di legge”, non ci avvertisse del permanere sullo sfondo della disciplina generale per l’innanzi messa a frutto dal diritto giurisprudenziale per risolvere il problema del danno da prodotti.

Questa norma recepisce il 13 dir. CEE 374/1985, il quale lascia impregiudicati i diritti che il danneggiato può esercitare in base al diritto […] esistente al momento della notifica della direttiva.

Si tratta di una scelta che sacrifica l’uniformità che la legislazione europea deve perseguire all’obiettivo di tutela dei consumatori.

La disciplina europea riguarda la parte più consistente del danno da prodotti, onde il danneggiato farà capo ad essa per la maggior certezza e semplicità dell’azione in giudizio che la caratterizzano.

Residuano squarci rilevanti del danno da prodotti che la direttiva non ha inteso disciplinare.

Questo fa sì che la disciplina contenuta negli artt. 114-127 Cod. cons. debba ritenersi un’aggiunta che si incastona in quella ricavabile in precedenza dall’ordinamento.

{La Corte europea di giustizia ha precisato che il 13 della direttiva non può essere interpretato nel senso di lasciare agli Stati membri la possibilità di mantenere un regime di responsabilità da prodotti difettosi diverso da quello previsto nella direttiva [374/1985].

Nel caso C-52/00, che coinvolgeva la Francia, la questione si poneva perché in tale ordinamento la legge di attuazione della direttiva aveva inteso positivizzare un diritto giudiziale che risultava difforme dalla direttiva stessa.

Diversa cosa è da dire per la disciplina legislativa preesistente alla direttiva: in base al 13 dir. CEE 374/1985, che parla testualmente di disciplina esistente al momento della notifica della direttiva, essa risulta integralmente persistente, come disciplina alternativa.

Secondo Attilio Gorassini il 15 (Responsabilità secondo altre disposizioni di legge) d.p.r. 224/1988, che si uniforma al 13 dir. CEE 374/1985, “può essere interpretato solo come affermazione di tutti i diritti del danneggiato verso soggetti diversi dal produttore”.

Ma se veramente si trattasse di questo, la norma sarebbe inutile, essendo chiaro che, per tutto quanto in essa non previsto, non varrebbe il principio di specialità che Attilio Gorassini invoca a fondamento della sua tesi}.

 

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