Allo stato, si può osservare che, se l’intenzione degli istituti di credito era quella di diminuire, o addirittura annullare, il rischio economico dell’ operazione, escludendo, all’un tempo, ogni possibile appiglio giuridico, che consentisse al garante di sottrarsi agli impegni assunti, i risultati sono stati ben lontani dalle aspettative. La situazione è poi precipitata a séguito del recente intervento legislativo (l. 17 febbraio 1992, n. 154), con il quale sono state introdotte l’inderogabilità dell’art. 1956 cod. civ. e la previsione del massimo ammontare per le fideiussioni rilasciate per obbligazioni future. Tali innovazioni, tuttavia, potrebbero non risolvere il problema della fideiussione c.d. generale se tale garanzia fosse atipica.

Anche in tale ottica, si riproporrebbe il problema dell’ applicazione della disciplina di un contratto tipico ad un contratto innominato, caratteriz­zato da una funzione diversa.

Allo stato, pertanto, è possibile costatare che il legislatore non ha con certezza decretato la morte dalla fideiussione omni­bus elaborata per fare fronte ad esigenze ancora non adegua­tamente soddisfatte. Si impone, pertanto, la necessità di veri­ficare l’ambito di applicazione dell’ art. 10 L 17 febbraio 1992, n. 154, al fine di accertare se la previsione legislativa, espres­samente dettata per la fideiusione codicistica, possa disciplina­re le garanzie caratterizzate anche da una funzione di finan­ziamento.

I problemi connessi all’uso della fideiussione c.d. generale non sono stati risolti neppure dal recente intervento legislativo, che ha modificato gli artt. 1938 e 1956 cod. civ. Come si dirà, oltre ai possibili dubbi connessi alla loro con­creta applicazione, la possibile atipicità della fideiussione ban­caria attiva finisce con il riproporre la questione della validità della clausola c.d. omnibus, la cui adozione può comportare anche l’eliminazione del tipico rischio d’impresa. I proble­mi sollevati dall’uso di tale garanzia, prevalentemente, sono stati quelli connessi alla sua possibile autonomia rispetto al­l’obbligazione principale, all’indeterminatezza dell’ oggetto della garanzia ed alla facoltà riconosciuta al creditore, a séguito della deroga all’ art. 1956 cod. civ., di concedere finanziamenti, senza l’espressa autorizzazione del garante. Ciò ha dato luo­go a pericolose incertezze e ad un notevole contenzioso, fi­nendo col vanificare le esigenze mercantili che ne avevano suggerito l’adozione.

Probabilmente, anche per ovviare a tali inconvenienti, il legislatore è intervenuto con la L 17 febbraio 1992, n. 154, ponendo dei correttivi alla fideiussione prestata per debiti fu­turi nel cui ambito, almeno in prima approssimazione, po­trebbe essere collocata la fideiussione omnibus. Dette innova­zioni, se estese anche alle ipotesi in cui l’intervento del terzo è caratterizzato dall’intento di aprire le linee del credito al debitore garantito, finiscono con il togliere alla garanzia l’ela­sticità necessaria per realizzare il fine concreto per cui è stata . rilasciata.

In proposito sarebbe inutile richiamare l’attenzione sulle conseguenze che la proposta interpretazione avrebbe sul creditore il quale, dopo aver concesso il finanziamento, si vedrebbe privato della garanzia. Infatti, a prescindere dall’ ef­ficacia retroattiva dell’art. 10 L. n. 154, il problema della vali­dità di una fideiussione, rilasciata senza la determinazione del massimo ammontare, rimane aperto e deve essere risolto negativamente sulla base della disciplina dettata per i contratti in generale: pertanto, anche in questa ipotesi il creditore ver­rebbe a perdere la garanzia sulla quale aveva fatto affidamen­to nel momento della concessione del credito.

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