In pendenza della condizione l’obbligato e l’alienante sotto condizione sospensiva e l’acquirente sotto condizione risolutiva devono comportarsi secondo buona fede al fine di conservare integre le ragioni dell’altra parte, in modo da non pregiudicare le aspettative della controparte.

Ovviamente, per tutte le parti contraenti, continua a trovare applicazione la previsione di cui all’articolo 1325 Cod. Civ. relativo all’esecuzione secondo buona fede.

Viene allora da domandarsi se esista una differenza tra la buona fede ex art.1358 e quella – generale- ex art. 1375.

Dal punto di vista contentissimo, il genus è identico e consiste nel dovere di agire secondo criteri di correttezza contrattuale in modo tale da salvaguardare-nei limiti dell’apprezzabile sacrificio-la posizione della controparte. Nondimeno, l’obbligo previsto dall’articolo 1358 (in tema di comportamento delle atti nello stato di pendenza della condizione) costituisce una chiara specificazione di quello generale in quanto espressamente diretto a “conservare integre le ragioni dell’altra parte” tale obbligo deve intendersi anch’esso operante entro i limiti di un apprezzabile sacrificio.

In altri termini, la parte che ha la disponibilità del bene deve attivarsi positivamente affinché questo venga preservato a tutela dell’aspettativa della controparte, il tutto ovviamente entro i limiti dell’apprezzabile sacrificio e con l’utilizzo della normale diligenza (ex art. 1176 c.c.).

Un particolare aspetto di comportamento non diligente, e quindi contrario all’obbligo della buona fede imposto alle parti, e quello descritto all’articolo 1359 cod. civ. in forza del quale sia ha finzione di avveramento (anche se il Bianca al riguardo preferisce ravvisare nella previsione normativa una sanzione conforme al principio secondo cui l’autore dell’illecito non può trarre da questo effetti giuridici favorevoli) qualora l’evento dedotto in condizione sia divenuto inattuabile per causa imputabile alla parte che ha un interesse contrario al suo avveramento.

A tal fine rileva qualsiasi impedimento imputabile a dolo o colpa della parte. Infatti, il divieto di impedire l’avveramento della condizione costituisce una specificazione dell’obbligo di buona fede..

La violazione dell’obbligo di buona fede comporta il risarcimento del danno solo in quanto il bene risulti definitivamente acquisito dalla parte lesa. È stata inoltre ammessa in giurisprudenza la possibilità di ottenere immediatamente la risoluzione del contratto, tale possibilità viene spiegata in dottrina nel senso che la violazione dell’obbligo giustifica già di per sé l’interesse della parte a non essere ulteriormente vincolata al contratto.

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